Recentemente, a seguito di un certo rilievo mediatico dato alle prime terapie con le CAR-T in alcune malattie del sangue (linfomi e leucemia acuta), si sono create numerose aspettative e curiosità. Abbiamo quindi pensato di fare un punto della situazione su uno dei più promettenti filoni di ricerca attivi.

Cosa sono le CAR-T?

L’acronimo deriva dall’inglese Chimeric Antigen Receptor T-cell (cellule CAR T) che, pur riferendosi letteralmente al nome delle cellule ingegnerizzate, descrive in realtà un complesso procedimento in cui alcune cellule del sistema immunitario vengono prelevate dal paziente, geneticamente modificate in laboratorio per poter riconoscere le cellule tumorali e poi reinfuse nello stesso paziente. Si tratta quindi di un nuovo e complesso approccio terapeutico contro la malattia.

L’idea di ingegnerizzare le cellule T a fine terapeutico risale ad oltre 20 anni fa, quando i ricercatori iniziarono ad osservare un’ottima attività negli esperimenti in vitro. Il passaggio dal bancone del laboratorio alla ricerca clinica è stato quindi piuttosto veloce, anche grazie alla corsia preferenziale adottata dalla FDA (l’Ente regolatore del Farmaco negli USA) nel dare il via libera all’uso di questa terapia. Ad oggi sono due le terapie autorizzate, che si distinguono per il bersaglio contro cui le cellule vengono riprogrammate. In generale, sebbene non tutti concordino sull’adeguatezza di un’autorizzazione all’utilizzo così affrettata, i risultati sono importanti e a favore della terapia. In ogni caso, tutti ritengono che questa strategia sia certamente promettente e degna di essere ulteriormente sviluppata.

I problemi clinici

Uno dei principali problemi clinici da risolvere è quello degli effetti collaterali, che possono apparire in forme serie in circa il 25% dei pazienti. La ragione di questo risiede nella modifica delle cellule T che, essendo attive, possono dare luogo ad una sindrome da rilascio di citochine. Questa può presentarsi in maniera così intensa da richiedere il ricovero in terapia intensiva, mettendo in evidenza un altro problema, inatteso: l’esiguo numero di posti in questi reparti rispetto al potenziale numero di pazienti che accederanno al trattamento.

Fortunatamente i ricercatori hanno già fatto dei passi avanti in questo campo, utilizzando un farmaco dedicato al trattamento dell’artrite e in grado di rallentare la risposta infiammatoria. Da parte sua la FDA ha già autorizzato le nuove indicazioni di utilizzo.

I problemi economici

Se dal punto di vista clinico la situazione è in positiva evoluzione, sono ancora molti quelli che frenano i facili entusiasmi ricordando i problemi causati dall’elevatissimo costo delle terapie ($475.000 il trattamento della Novartis, $373.000 quello della Gilead). Una recente inchiesta di Bloomberg evidenzia come negli USA siano stati trattati solo 5 pazienti con la terapia della Gilead, ad oltre due mesi dalla sua commercializzazione. Il problema? La copertura dei costi. Alcune delle maggiori compagnie assicurative stanno mostrando delle resistenze nel procedere al rimborso dei costi necessari per sostenere le cure e gli ospedali, in mancanza di questa certezza, non si espongono per cifre che secondo alcune stime, e considerando tutte le attività cliniche richieste, possono arrivare anche ad 1 milione di dollari per paziente.

Di fronte a queste condizioni il comportamento dei 15 centri clinici autorizzati al trattamento è in questo momento differente, c’è chi ha aperto una lista di attesa, aspettando che la situazione si chiarisca, e chi, come MD Anderson, ha cominciato a trattare i pazienti in cambio di una dichiarazione in cui essi si impegnano al successivo rimborso delle spese qualora queste non vengano coperte dalle compagnie assicurative.

David Miklos

Su tutti però si distingue il centro di Stanford che ha deciso di offrire la terapia ai propri pazienti perchè “questa è la cosa giusta da fare” come dichiara il Prof. David Miklos anche se, per sua stessa ammissione, “il rischio è enorme e mi tiene sveglio la notte”.

Ovviamente tutto questo ha anche un risvolto sulla borsa di New York, dove le azioni della Gilead stentano perché al momento non sembrano potersi realizzare le condizioni previste dagli analisti per il 2017.

E’ quindi opinione condivisa che si sia di fronte ad un trattamento con grandi potenzialità (è qualcosa di rivoluzionario l’essere riusciti a modificare delle cellule del sistema immunitario per attaccare delle cellule tumorali) ma è ancora difficile determinare come, e con quali tempi, questa strategia terapeutica potrà essere applicata a tutti i pazienti che ne avrebbero necessità.