Secondo i risultati di uno studio, la terapia con venetoclax e azacitidina è efficace e sicura per i pazienti fragili con leucemia mieloide acuta, che non possono accedere a trattamenti intensivi.
Anche i pazienti con leucemia mieloide acuta più anziani possono trarre vantaggio dalla terapia con venetoclax e azacitidina, secondo i risultati dell’articolo pubblicato sulla rivista Leukemia. “L’idea dello studio è nata dal timore che il trattamento con venetoclax e azacitidina possa indurre una particolare tossicità nei pazienti con più di 80 anni”, spiega Adriano Venditti dell’Università Tor Vergata di Roma, primo autore dell’articolo. Di solito, i pazienti più anziani non possono accedere a trattamenti più aggressivi, come la chemioterapia intensiva, a causa dell’età o di malattie concomitanti. Al momento, per loro l’unica alternativa consiste in terapie palliative che non hanno però intento curativo. Per questo e altri motivi, la probabilità di sopravvivere dopo cinque anni dalla diagnosi per un paziente con leucemia mieloide acuta diminuisce dopo i 60 anni in modo significativo e proporzionale all’età. Diventa quindi cruciale sviluppare e testare nuovi approcci di cura che siano mirati per le persone anziane e producano una minore tossicità possibile.
Prima di tutto, è importante definire in modo più preciso il parametro della fragilità che determina quali pazienti sono idonei alle terapie intensive o lievi, ma non è ancora valutato in modo univoco. Come spiega Venditti: “La fragilità è un concetto molto ampio che non include soltanto l’età e le condizioni cliniche del paziente, ma anche aspetti relativi al substrato sociale del paziente stesso. Tra questi, la presenza di un caregiver, il grado di socialità o di isolamento, la distanza dal centro di riferimento, le difficoltà finanziarie”. Nello studio, il gruppo di ricerca ha usato due modalità di valutazione della fragilità che insieme ne restituiscono un profilo più completo. Il primo modello è basato sull’età, mentre il secondo considera anche altri parametri, come la presenza di altre malattie e alterazioni molecolari.
Partendo da queste valutazioni della fragilità i ricercatori hanno analizzato l’efficacia e la tossicità di azacitidina e venetoclax, una terapia indicata per le persone con leucemia mieloide acuta a cui non può essere somministrata la chemioterapia. Grazie all’analisi congiunta di due trial clinici, sono stati coinvolti nello studio oltre 500 pazienti con più di 75 anni, divisi in un gruppo trattato con la combinazione di azacitidina e venetoclax e l’altro di controllo, con la sola azacitidina. Dopo quasi quattro anni di monitoraggio, sono stati pubblicati i primi risultati.
Le persone che hanno assunto i due farmaci sono sopravvissute per più tempo rispetto al gruppo di controllo e gli effetti collaterali non sono peggiorati per i pazienti con più di 85 anni. Inoltre, i risultati sono stati positivi per le persone considerate fragili secondo entrambe le modalità di valutazione.
In pochi casi, però, si sono manifestate delle tossicità. “Gli effetti collaterali della combinazione di azacitidina e venetoclax sono ben noti e riguardano soprattutto la mielosoppressione, ovvero la riduzione dei globuli bianchi e la tendenza a sviluppare complicanze infettive,” commenta Venditti. “Sulla base di questi dati ora bisognerebbe valutare possibilità di mitigare gli effetti collaterali e la valutazione della fragilità”. Per esempio, si potrebbero ridurre i giorni di somministrazione del venetoclax e utilizzare fattori di crescita per stimolare la ripresa dei globuli bianchi. Mentre per quanto riguarda la fragilità “oltre all’età bisognerebbe rivolgere una particolare attenzione alla presenza di altre patologie, respiratorie e cardiache, a certe abitudini, come il fumo,” aggiunge il ricercatore. “Senz’altro si dovrebbero considerare anche i fattori sociali e familiari”.
Il gruppo di ricerca ha in programma di raccogliere dati in un contesto clinico quotidiano, al di fuori dei trial clinici, per capire come vengono gestiti i pazienti più anziani con leucemia mieloide acuta negli ospedali italiani. Inoltre, Venditti vede un preciso futuro per la terapia testata nello studio: “La combinazione venetoclax-azacitidina rappresenta il candidato ideale per l’aggiunta di un terzo farmaco. La ricerca sta procedendo in questa direzione”.
L’articolo originale di Venditti A, et al., Outcomes of patients treated with venetoclax plus azacitidine versus azacitidine alone stratified by advanced age and acute myeloid leukemia composite mode, pubblicato su Leukemia, è disponibile al seguente link https://www.nature.com/articles/s41375-025-02730-3