L’infezione da Epstein-Barr Virus può portare, in alcuni rari casi, all’insorgenza di anemia emolitica autoimmune. Dopo il caso di una giovane paziente di 12 anni i ricercatori hanno revisionato la letteratura scientifica individuando altre situazioni simili e suggerendo la necessità di approfondire questa correlazione.
Bisognerebbe pensare di rilevare la presenza di infezione da virus di Epstein-Barr (EBV) nei giovani pazienti con anemia emolitica autoimmune (AIHA, Autoimmune Hemolytic Anemia), per accelerare il percorso di cura e ridurre l’ospedalizzazione. È quanto emerge da un recente studio pubblicato sulla rivista Italian Journal of Pediatrics, da Salvatore Accomando e dai suoi colleghi dell’Università di Palermo.
L’idea del lavoro è nata dal caso clinico di una bambina di 12 anni che presentava ittero e urine scure, ricoverata all’Ospedale dei bambini “Giovanni Di Cristina” di Palermo per sospetta anemia emolitica. La paziente non aveva mai presentato sintomi analoghi e in famiglia non si erano mai verificati altri casi simili. I test sierologici per diversi agenti virali e batterici erano risultati tutti negativi, ad eccezione della presenza degli anticorpi per il virus di Epstein-Barr. Era stata quindi formulata una diagnosi di anemia emolitica autoimmune acuta correlata a EBV. La bambina è stata trattata con successo con steroidi e con le immunoglobuline ed è tornata a casa dopo poco più di una settimana.
L’EBV è un virus molto diffuso. Appartiene alla famiglia dei virus erpetici e, nella maggior parte dei casi, determina lo sviluppo della mononucleosi. Questa patologia, nota anche come “malattia del bacio”, è in genere curabile e si manifesta con febbre, senso di affaticamento, dolore a livello della faringe e ingrossamento dei linfonodi, specie del collo.
Il virus, però, può causare altre complicazioni, come la neutropenia e la trombocitopenia, e in rari casi, l’anemia emolitica autoimmune, patologia in cui il sistema immunitario produce autoanticorpi che attaccano e distruggono i globuli rossi.
Partendo dal singolo caso, i ricercatori si sono quindi chiesti se fossero state segnalate altre situazioni simili e con quali caratteristiche. Attraverso una revisione della letteratura scientifica, hanno individuato altri 16 casi di anemia emolitica autoimmune associata all’infezione da EBV.
È emerso che i pazienti coinvolti nei vari studi erano giovani – età mediana di 12-13 anni –, erano stati ricoverati in ospedale in presenza di sintomi quali ittero, febbre, malessere e spossatezza, ed erano tutti guariti, per la maggior parte, grazie a una terapia a base di steroidi. Circa tre su quattro, inoltre, presentavano una anemia emolitica ‘fredda’, perché causata da una reazione auto-immunitaria tra le immunoglobuline M e gli eritrociti, con formazione di complessi che si verificano a temperature corporee inferiori ai 37 gradi. I restanti pazienti, invece, avevano sviluppato un’anemia emolitica ‘calda’, dovuta alla distruzione degli eritrociti da parte delle immunoglobuline di tipo G.
“Sedici è un numero piccolo, ma sufficiente per indicare il bisogno di approfondire la relazione tra EBV e anemia emolitica. La cifra inoltre potrebbe essere sottostimata, perché la determinazione della presenza del virus avviene solo raramente”, commenta il ricercatore.
“Diagnosticare la presenza di infezione da EBV nei casi con anemia emolitica autoimmune potrebbe aiutare ad accelerare le tempistiche di cura ed evitare l’ospedalizzazione in alcuni casi”. Per esempio, quando si presenta in ospedale un giovane paziente con ittero, l’esame dell’EBV potrebbe aiutare a distinguere un’origine di tipo epatico o emolitica, come nel caso di infezione, e ottimizzare di conseguenza, il trattamento.
“L’EBV si può diagnosticare con un esame delle immunoglobuline G o M, nel siero. Si tratta di una indagine non costosa e già diffusa in molti laboratori”, spiega Accomando. Con il suo gruppo di ricerca si occupa proprio di studiare di effetti meno conosciuti e talvolta sottovalutati dell’infezione da EBV. Oltre all’anemia emolitica autoimmune, con i suoi colleghi ora sta approfondendo lo studio della possibile correlazione tra il virus e la sindrome di Kawasaki, un’altra patologia disreattiva.
Il case report originale di Accomando S, et al., Epstein-Barr virus-associated autoimmune hemolytic anemia: a clinical report and review of literature, pubblicato su Italian Journal of Pediatrics è disponibile al seguente link: https://ijponline.biomedcentral.com/articles/10.1186/s13052-025-01966-0