“Donare è un atto di solidarietà. Unisciti allo sforzo e salva delle vite”. Così recita il motto del World Blood Donor Day 2022, la giornata mondiale che ogni 14 giugno sensibilizza sulla necessità di disporre di sangue e prodotti ematici sicuri per le trasfusioni. L’evento evidenzia il contributo fondamentale che i donatori di sangue volontari, e non retribuiti, apportano ai sistemi sanitari nazionali e sostiene i servizi nazionali di trasfusione di sangue, le organizzazioni di donatori di sangue e le altre organizzazioni non governative che si occupano del tema.

Il World blood donor day non celebra solo la donazione del sangue intero, ma di tutti gli emocomponenti, come plasma e piastrine, e delle cellule staminali emopoietiche. E lo slogan di quest’anno è particolarmente incentrato sul cercare nuovi contributi da donatori in tutto il mondo.

Cosa spinge dunque una persona a effettuare un atto così disinteressato e gratuito?

“Questi gesti dovrebbero essere la normalità”, afferma Tommaso, giovane donatore di sangue, midollo e piastrine. “Il mio aiuto non è servito immediatamente, dopo essere stato tipizzato mi hanno chiamato dopo 4 anni. Non riesco nemmeno io a dire perché l’ho fatto”.

La tipizzazione è un procedimento immunologico che serve a verificare la compatibilità fra donatore e ricevente. Una particolare tipizzazione si effettua tramite il test della compatibilità degli antigeni leucocitari umani (HLA). Queste sono proteine specializzate presenti sulla superficie di tutte le cellule dell’organismo, eccetto i globuli rossi.

Più simili sono gli antigeni HLA sulle cellule di donatore e ricevente, maggiore è la compatibilità tra donatore e ricevente. Ma trovare una persona con sistema HLA compatibile non è affatto semplice. La probabilità che due fratelli siano HLA perfettamente compatibili, ad esempio, è solo del 25-30%. “Non sai né a chi arriverà il sangue donato né il ricevente saprà chi è il donatore”, aggiunge Tommaso.

“Donare per me significa prendersi cura degli altri e di se stessi”, racconta Giulia, donatrice di sangue e di midollo da quando ha 18 anni. “Mi sono resa disponibile alla donazione di midollo osseo tramite dell’Associazione donatori midollo osseo (ADMO). Ero stata sensibilizzata all’argomento a scuola proprio da loro e, appena possibile, sono andata a registrarmi per la tipizzazione. È un semplice prelievo dopo il quale non è certo ti contattino subito per donare. Pensare che io possa veramente cambiare le sorti di una malattia mi emoziona enormemente. Non penso di star facendo niente di realmente speciale”.

Non solo sangue: donare anche gli emocomponenti

Le parole di Tommaso e Giulia normalizzano un atto gratuito e disinteressato, ma non solo. Gettano l’attenzione su un tema importante, spesso poco trattato: fra le diverse donazioni che è possibile effettuare oltre alla donazione del sangue intero che è la più conosciuta, è possibile donare il plasma, le piastrine, le cellule staminali ematopoietiche (CSE).

In particolar modo, le cellule staminali ematopoietiche vengono utilizzate nel cosiddetto trapianto allogenico di CSE. Le cellule di un donatore vengono reinfuse in un ricevente dopo che il ricevente è stato “condizionato”, cioè preparato a ricevere la donazione tramite la somministrazione di chemioterapia o radioterapia volte a distruggere masse tumorali o tessuti non funzionanti.

Le CSE sono cellule non ancora completamente differenziate, definite pluripotenti, da cui hanno origine tutte le cellule del sangue e del sistema immunitario: globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. L’infusione delle CSE permette alle cellule del donatore, in particolare i linfociti T, di eliminare le cellule neoplastiche della malattia eventualmente ancora presenti nel ricevente nonostante la terapia di condizionamento.

Come funziona la donazione delle cellule staminali emopoietiche

I donatori sono la linfa vitale che permette al sistema di trapianto allogenico di sopravvivere. Il trapianto allogenico solidaristico, infatti, si basa sul fatto che il donatore e il ricevente sono due persone non imparentate e che, nella maggior parte dei casi, non si conoscono. Mattia Algeri, dottore dell’Unità clinica trapiantologica dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma, spiega come si possono ottenere da un donatore le cellule per i trapianti.

Un metodo è tramite la donazione di midollo osseo: “Il sangue viene prelevato tramite aspirazione con appositi aghi dalle ossa del bacino (le creste iliache posteriori) del donatore. È un prelievo che viene fatto durante un’anestesia generale per minimizzare la sensazione di dolore. La procedura richiede in genere almeno 24 ore di ricovero per osservazione”.

Un’altra modalità molto impiegata, soprattutto nei pazienti adulti, è invece il prelievo di cellule staminali periferiche. “In questo caso si mobilizzano le cellule staminali nel midollo osseo tramite fattori di crescita. Queste sono molecole in grado di far fuoriuscire le cellule staminali dal midollo (la loro sede naturale) e renderle disponibili nel circolo periferico”, spiega Mattia Algeri. “Il donatore viene quindi sottoposto a un prelievo di sangue mediante aferesi. Questo processo dura circa 6 ore e non comporta un’anestesia generale né una puntura dell’osso. Il sangue viene prelevato dal donatore, i componenti cellulari del sangue separati tramite una macchina e il sangue rimanente reinfuso nel donatore. Ciò che può generare fastidio è la stimolazione delle cellule staminali con fattori di crescita che può dare una sensazione di malessere, dolori ossei diffusi, stanchezza e, in alcuni casi, febbricola, tutti sintomi relativamente tollerabili che si risolvono poco dopo la donazione”.

La donazione del sangue cordonale, invece, è meno praticata, afferma Algeri: “Il sangue cordonale viene raccolto alla nascita e conservato a basse temperature (crioconservazione). Le staminali contenute nell’unità di sangue cordonale possono essere utilizzate poiché sono in grado di ricostituire tutti gli elementi del sangue. Tuttavia, non garantendo sempre una quantità adeguata di cellule staminali per il paziente, soprattutto per gli adulti, e avendo tempi di attecchimento più prolungati, è attualmente meno impiegata in Italia”.

Scegliere il tipo di donazione dipende dal donatore e, in alcuni casi, dalle esigenze trapiantologiche. Per alcune malattie, come quelle non maligne dell’età pediatrica, si preferisce impiegare cellule staminali midollari perché le cellule staminali periferiche comportano, per il ricevente, un maggior rischio di malattia del trapianto contro l’ospite (una complicanza post-trapianto mediata dal sistema immunitario).

Una rete nazionale e internazionale di donatori 

Tutte le procedure descritte finora fanno riferimento ad un grande sistema organizzativo essenziale per formare la coppia donatore-ricevente. In particolar modo in Italia, per quanto riguarda la donazione di midollo, l’istituzione di riferimento è il Registro italiano donatori midollo osseo (IBMDR). Simona Pollichieni, dottoressa dell’Unità di ricerca dell’IBMDR, spiega cosa succede una volta che si palesa la necessità di trovare un donatore per un paziente:

“L’IBMDR è una struttura che è stata istituita all’interno dell’ospedale Galliera nel 2001. Siamo l’unico organismo istituzionale presente sul territorio nazionale che ha la funzione di detenere l‘archivio di tutti i donatori italiani che si iscrivono al registro. Questa iscrizione è finalizzata alla donazione di cellule staminali emopoietiche in ambito allogenico solidaristico. L’IBMDR funge anche da sportello unico per la ricerca di donatore: quando vi è la necessità per questi pazienti di aderire alla procedura trapiantologica e non è presente un donatore compatibile all’interno della propria famiglia, l’unità clinica di trapianto contatta l’IBMDR per cercarne uno compatibile. A questo punto possiamo verificare se nell’archivio nazionale dei donatori esistono dei soggetti compatibili e, una volta trovata la persona, si parte con la verifica della reale compatibilità della coppia che poi giunge alla donazione vera e propria”.

Cosa succede se non sono presenti donatori compatibili in Italia? “L’IBMDR si può interfacciare con tutti i registri internazionali che sono dislocati in tutto il mondo – spiega Pollichieni. Si è creata una rete internazionale che fa sì che, se non si identifica un donatore compatibile sul territorio nazionale per un paziente, questo può beneficiare comunque dei donatori che si sono iscritti presso altri registri internazionali. Molti pazienti italiani, infatti, vengono trapiantati con donazioni che provengono dall’estero, principalmente dalla Germania, dall’America e da Israele”.

È proprio il numero di donatori disponibile che sottolinea quanto in Italia ci sia ancora tanto bisogno di donare. Secondo i dati dell’IBMDR del 2021, i donatori di CSE disponibili a livello mondiale sono oltre 40 milioni. Di questi solo 470.000 sono donatori italiani. Anche per la donazione di sangue abbiamo lo stesso quadro: secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ogni anno sono circa 118,5 milioni le sacche di sangue raccolte. Dai dati del Centro Nazionale Sangue, i donatori di sangue e plasma in Italia nel 2021 sono stati 1.653.268. Questo non è ancora sufficiente. C’è ancora la necessità di incrementare il bacino di donatori, specialmente dopo la pandemia che ne ha determinato una violenta diminuzione.

Per questo motivo è importante rinnovare l’appello a donare, oggi e ogni giorno dell’anno.
Di seguito un elenco delle principali associazioni italiane alle quali è possibile rivolgersi per donare: