Un nuovo studio italiano mostra, sulla base dei dati raccolti con l’uso compassionevole, che asciminib è efficace e ben tollerato anche in pazienti con CML in fase cronica resistenti e/o intolleranti a più linee di terapia
Non è un’esagerazione dire che gli inibitori della tirosin-chinasi abbiano rivoluzionato il trattamento di alcune forme di cancro. Questi farmaci, mirati contro enzimi fondamentali per la sopravvivenza e la crescita delle cellule tumorali, sono diventati fondamentali anche nella terapia della leucemia mieloide cronica (CML, dall’acronimo inglese Chronic Myeloid Leukemia), in particolare nella fase cronica, quella iniziale e durante la quale viene diagnosticata la maggior parte dei pazienti. Alcuni di loro, tuttavia, non rispondono agli inibitori della tirosin-chinasi, ossia sviluppano resistenza al farmaco; altri risultano invece intolleranti, cioè gli effetti collaterali sono così gravi da impedire il proseguimento della terapia.
Quale trattamento, allora, per questi pazienti? Una strategia terapeutica è rappresentata dall’asciminib, approvato in Europa solo un paio di anni fa. Un nuovo studio, pubblicato su Hematological Oncology, ha riportato i risultati relativi alla sicurezza e all’efficacia dell’asciminib attraverso un’analisi retrospettiva, basandosi sui dati raccolti con l’uso compassionevole di questo farmaco.
Quando le terapie standard non bastano
La leucemia mieloide cronica è caratterizzata da una mutazione genetica acquisita nelle cellule staminali ematopoietiche, che genera un gene anomalo chiamato BCR::ABL1. È quest’ultimo il responsabile della produzione di una tirosin-chinasi iperattiva che stimola la proliferazione incontrollata delle cellule mieloidi – ed è proprio contro questo enzima che agiscono gli inibitori usati nel trattamento standard della CML.
In effetti, si basa sullo stesso principio anche l’asciminib, che però agisce con un meccanismo d’azione diverso: si lega a un sito allosterico dell’enzima, una sorta di “interruttore nascosto”, azione che lo rende efficace anche in presenza di mutazioni rare su cui gli altri inibitori non riescono a essere efficaci e che gli conferiscono una maggior selettività, e dunque minori effetti collaterali.
È un farmaco nuovo, il primo del suo genere. Come tale, fino a relativamente poco tempo fa non era stato approvato per la pratica clinica. “È stato introdotto in Italia nel 2013 con il primo trial di fase I, ma solo nel 2019 l’azienda produttrice ne ha predisposto l’uso compassionevole”, spiega Massimo Breccia, ematologo dell’Azienda Policlinico Umberto I e primo autore dello studio e che, ha riportato i principali dati dell’uso compassionevole del farmaco, riguardanti, in particolare, la risposta molecolare, la sopravvivenza libera da eventi e la tollerabilità.
Vale la pena ricordare che l’uso compassionevole è una modalità regolata e controllata, autorizzata solo caso per caso, che consente di fornire un farmaco ancora non autorizzato (oppure non ancora disponibile in commercio in un determinato Paese) a pazienti in condizioni gravi e/o senza alternative terapeutiche valide. Di fatto, quindi, rappresenta un modo per consentire l’accesso anticipato a un farmaco prima che sia approvato e messo in commercio, quando nessun’altra terapia risulta efficace o tollerata.
I dati reali dell’uso compassionevole in Italia
Nel caso dell’asciminib, i pazienti con leucemia mieloide cronica trattati erano in fase cronica, ma multi-resistenti o intolleranti ad almeno due inibitori della tirosin-chinasi tradizionali; molti avevano già ricevuto anche il ponatinib, l’ultima opzione terapeutica disponibile tra questi ultimi. D’altronde, i casi di resistenza e intolleranza nella CML non sono purtroppo così rari: “Da esperienze di registro europee, circa il 30% dei pazienti che inizia con l’imatinib (un inibitore delle tirosin-chinasi di prima generazione) risulta resistente e/o intollerante e circa il 20% dei pazienti che iniziano con un farmaco di seconda generazione passa a una seconda linea (maggiore percentuale di intolleranti)”, spiega il Prof. Breccia.
Per questa analisi, i dati si riferiscono al programma di uso compassionevole dell’asciminib portato avanti tra l’aprile 2019 e l’ottobre 2022 e che ha coinvolto 77 pazienti con leucemia mieloide cronica, arruolati in 41 centri italiani. La somministrazione del farmaco è stata per via orale, un altro dato di un certo peso dal momento che si tratta di una strategia molto vantaggiosa in termini pratici (anche se l’aderenza al trattamento risulta fondamentale per determinarne gli esiti).
Oltre la metà dei pazienti ha raggiunto una risposta molecolare maggiore (indice di una risposta efficace nel lungo termine) e oltre il 32% di loro una risposta molecolare profonda, che indica un controllo molto avanzato della malattia; solo il 22%, ha dovuto interrompere il trattamento con asciminib, principalmente per trapianto di midollo o per progressione della CML.
Gli eventi avversi, infine, sono stati rari e generalmente gestibili: il 15,6% ematologici (soprattutto piastrinopenia), l’84,4% non ematologici prevalentemente di grado 1-2 (gastrointestinali, aumento di enzimi pancreatici, eccetera). Dati, insomma, che indicano come l’asciminib rappresenti un’opzione terapeutica efficace e ben tollerata nel mondo reale, e che sottolineano l’importanza di questa molecola anche in contesti clinici complessi e fuori da trial controllati.
“Aver potuto anticipare il trattamento con asciminib per uso compassionevole è stato fondamentale per molti pazienti: ha potuto aiutare oltre la metà di essi, persone che erano state già trattate con 3 o 4 farmaci e per le quali non vi erano altre possibilità terapeutiche. Lo studio peraltro ha permesso di confrontare i dati con il resto del mondo e permetterà ulteriori analisi, come per esempio il dettaglio dell’efficacia nei pazienti anziani”, conclude Breccia. “Vale anche la pena sottolineare che l’uso compassionevole dell’asciminib è ancora aperto per i pazienti con leucemia mieloide cronica con mutazione T315I, per i quali non vi è ancora l’approvazione dell’EMA (l’ente regolatorio europeo per i farmaci) e dunque non è prescrivibile, come invece in altri Paesi”.
Il paper originale di Breccia M, et al., Real‐World Efficacy Profile of Compassionate Use of Asciminib in an Italian, Multi‐Resistant Chronic‐Phase Chronic Myeloid Leukemia (CML‐CP) Patient Population, è disponibile a questo link https://onlinelibrary.wiley.com/doi/pdf/10.1002/hon.70101