La terapia CAR-T ha rivoluzionato la cura di molti tumori del sangue, ma può causare complicanze – anche neurologiche e gravi. Un nuovo studio italiano mostra che EEG alterati e valori elevati di Gamma-GT prima del trattamento possono aiutare a prevedere chi è più a rischio.

CAR-T: una sigla che è ormai uno standard di riferimento per molto tumori del sangue, e che si basa sulla modifica genetica di cellule T prelevate al paziente e che la rende in grado di esprimere un recettore che riconosce e attacca le cellule tumorali. È un trattamento che ha rivoluzionato le possibilità di cura, ma che si accompagna anche a importanti rischi di tossicità, con effetti gravi se non letali. Tra questi, uno dei più noti e temuti è la Immune Effector Cell-Associated Neurotoxicity Syndrome o ICANS, una complicanza neurologica dovuta al forte stato infiammatorio. Ma se ci fosse un modo di prevedere, per ogni persona, questo rischio? Un nuovo studio, da poco pubblicato su Brain and Behavior e guidato da un gruppo italiano, si concentra proprio sull’identificazione dei possibili fattori di rischio, così da riconoscere in anticipo i pazienti più vulnerabili ed essere in grado di intervenire tempestivamente.

Ne abbiamo parlato con Eugenio Galli, ematologo della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e coautore dello studio.

 

EEG, un indicatore non invasivo per ICANS

“La ICANS è globalmente meno studiata rispetto ad altre complicanze della terapia CAR-T, sia perché è relativamente più rara (interessa circa il 10-30% delle persone sottoposte alla terapia), sia per le difficoltà anatomiche di accesso al sistema nervoso centrale”, spiega Galli. “In particolare, sappiamo ancora poco dei pattern con cui si presenta e sui possibili fattori di rischio”. Proprio per approfondire questi aspetti, il gruppo di ricerca ha condotto uno studio retrospettivo su 81 persone trattate con CAR-T tra il 2019 e il 2024, raccogliendo per ciascuna dati clinici e demografici, indicatori di laboratorio, le valutazioni neurologiche e gli elettroencefalogrammi (EEG). Per questi ultimi due aspetti, è importante evidenziare che sia le valutazioni neurologiche sia gli EEG sono stati eseguiti prima dell’infusione di CAR-T sia successivamente all’eventuale comparsa di sintomi. Insomma, una raccolta di informazioni cliniche, laboratoristiche e neurofisiologiche tra cui indagare alla ricerca di predittori affidabili dell’insorgenza di ICANS.

“Uno degli aspetti più importanti emersi dall’analisi è la correlazione tra lo sviluppo di ICANS ed EEG basali anomali. In altre parole, abbiamo notato che una percentuale consistente di persone presentava EEG alterati già prima della terapia CAR-T, presumibilmente in conseguenza a fattori quali l’età o la precedente esposizione alla chemioterapia”, spiega Galli. “È un dato già di per sé importante, anche perché l’EEG è un esame non invasivo, a differenza di altre indagini neurologiche come la rachicentesi, e più accessibile anche per le persone allettate”.

 

Gamma-GT, un nuovo biomarcatore predittivo

C’è anche un altro parametro interessante che emerge dall’analisi: i livelli di gamma-glutamiltransferasi (Gamma-GT). Anche in questo caso, valori basali alterati (in particolare superiori ai 45 U/L) erano associati a un aumentato rischio di ICANS. “Anche questo sembra quindi essere un biomarcatore predittivo significativo. Il risultato ci ha sorpresi, perché questo enzima è associato prevalentemente alla funzionalità epatica; probabilmente, quindi, le sue alterazioni sono lo specchio di un’alterazione metabolica più ampia”. Peraltro, sottolinea il gruppo di ricerca nel suo studio, un ruolo della Gamma-GT nella neuroinfiammazione sarebbe coerente con evidenze sperimentali sul suo coinvolgimento nei processi ossidativi del sistema nervoso, e in generale con il fatto che l’ICANS abbia una genesi metabolico-infiammatoria e non epilettica.

“Questo lavoro, che si unisce a un altro studio che abbiamo pubblicato a ottobre e che mostra come non vi siano differenze di esito tra i pazienti che ricevono una profilassi antiepilettica e quelli che non la ricevono, rappresenta quindi un’indicazione per la pratica clinica”, conclude Galli. “Le linee guida sulla profilassi neurologica per la terapia CAR-T sono scarse e incoerenti. D’altronde, questa è una terapia relativamente recente ma il suo uso è in rapida espansione: se oggi ne sono disponibili solo due tipi, nei prossimi cinque anni prevediamo un rapido incremento. Per questo dobbiamo imparare a conoscere questa terapia, così da modulare e rendere sempre più personalizzabili le terapie ancillari”.

 

L’articolo originale di Modoni A, et al.Predictors of Neurotoxicity in a Large Cohort of Italian Patients Undergoing Anti-CD19 Chimeric Antigen Receptor (CAR) T-Cell Therapy, pubblicato su Brain and Behavior è disponibile a questo link: https://doi.org/10.1002/brb3.70891