Usata da decenni contro l’emofilia A non grave e la malattia di von Willebrand tipo 1, la desmopressina è efficace, economica e versatile. Eppure oggi è poco disponibile e sottoutilizzata: uno studio stima quante persone, a livello globale, potrebbero ancora beneficiarne.
Il farmaco desmopressina è noto per la sua efficacia da quasi cinquant’anni. Economico e somministrabile in diversi modi – compresa la via intranasale, particolarmente utile in alcuni contesti come quello pediatrico e la terapia domiciliare –, fu sviluppato per il trattamento di due patologie rare: l’emofilia A nella forma lieve-moderata e la malattia di von Willebrand di tipo 1, caratterizzate da carenza o disfunzione di specifiche proteine necessarie per la coagulazione del sangue. La desmopressina, però, è anche sottoutilizzata e spesso non disponibile.
Per meglio capire quanto possa “pesare” questo scarso uso, uno studio pubblicato su Haematologica stima quanti pazienti, a livello globale, potrebbero essere trattati con desmopressina e quanti eventi emorragici potrebbero essere gestiti con questo farmaco ogni anno.
Un farmaco efficace che sta scomparendo
«Il primo articolo sulla desmopressina è stato pubblicato alla fine degli anni Settanta. La storia di questo farmaco non è dunque recente: affonda le sue radici in un’epoca nella quale era essenziale trovare strategie di trattamento alternative ai derivati del plasma, spesso responsabili della trasmissione di malattie infettive», racconta Pier Mannuccio Mannucci, già direttore scientifico della Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e professore emerito di Medicina Interna dell’Università Statale di Milano, tra gli autori dello studio.
La desmopressina è un prodotto di sintesi, economico da produrre e soprattutto efficace, almeno per le forme lievi e moderate di queste patologie, per le quali si era dimostrato in grado di aumentare, in modo transitorio, i fattori di coagulazione carenti. Inoltre, può essere somministrata per via endovenosa, sottocutanea oppure intranasale, facilitando il suo uso in diversi contesti.
«Nel tempo, lo sviluppo di nuove terapie ha portato sostanzialmente ad accantonare la desmopressina, che oggi è molto sotto-utilizzata e per la quale la disponibilità è in calo», spiega Mannucci.
Numeri che contano, soprattutto nei Paesi a basso reddito
Eppure, lo studio portato avanti dal gruppo italiano attraverso una revisione narrativa della letteratura scientifica e sulla base di calcoli relativi a prevalenze, tassi di emorragia annui e tassi di risposta a desmopressina, indica che i pazienti che potrebbero tutt’oggi beneficiarne non sono affatto pochi. Per quanto riguarda la malattia di von Willebrand, per esempio, circa 83.571 persone a livello globale ricevono cure e sarebbero candidabili al trattamento con desmopressina; circa 80.866 pazienti presentano invece emofilia A in forma lieve o moderata.
Tirando le somme, sarebbero 222.893, ogni anno, gli episodi emorragici – il rischio più grave causato da queste patologie – trattabili con desmopressina.
Insomma, per rare che siano l’emofilia A e la malattia di von Willebrand, il numero di pazienti e relativi eventi emorragici che potrebbero essere trattati con la desmopressina è molto elevato. Tanto più se si considera che quelle del gruppo di ricerca sono molto probabilmente sottostime, perché la prevalenza dei pazienti è più alta di quella registrata nei centri specializzati, così come il numero di persone che potrebbero beneficiare della desmopressina (che non sempre sono sottoposti al test di risposta al farmaco e dunque identificati come candidati).
«Certo, i farmaci attuali sono molto efficaci, ma anche più costosi, e questo ne rende l’accesso difficile soprattutto nei Paesi a basso reddito», spiega ancora Mannucci. «Peraltro, la scarsa disponibilità del farmaco riguarda soprattutto le sue formulazioni più pratiche, come quelle somministrabili per via intra-nasale e sottocutanea».
La conclusione di autori e autrici è chiara: è necessario tornare a un maggior uso di questo farmaco e, di conseguenza, migliorarne la disponibilità. Perché forse, nel caso della desmopressina, non dobbiamo reinventare la ruota: basta non dimenticare ciò che funziona.
È possibile leggere lo studio “Global estimation of the bleeding episodes treatable with desmopressin in von Willebrand disease and hemophilia A” a questo link https://haematologica.org/newsletter/v1/showart?artid=12014