Il vaccino a mRNA Pfizer-Biontech induce una risposta anticorpale importante anche nei pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali ematopoietiche. I dati riportati da una pubblicazione su JAMA Network Open

L’efficacia dei vaccini a mRNA anti-Covid-19 è stata dimostrata con successo anche nei pazienti immunocompromessi in diversi studi. Un esempio noto è stato pubblicato sulla Oxford University Press nel luglio di quest’anno dove si mostra come il vaccino Pfizer-BioNTech stimoli una risposta anticorpale importante anche nei pazienti affetti da HIV. Ricerche del genere si stanno moltiplicando anche nell’ottica di verificare l’efficacia della seconda dose di vaccino, in vista della terza.

A questi studi si unisce anche una recente pubblicazione su JAMA Network Open, che ha mostrato come la prima iniezione del vaccino a mRNA Pfizer-Biontech induca una risposta anticorpale importante nel 55% dei pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali ematopoietiche.

Lo stesso gruppo di autori del dipartimento di ematologia dell’università di Nantes ha poi verificato l’efficacia della risposta anticorpale della seconda dose di vaccino negli stessi pazienti, riportando un tasso di risposta ancora più alto: l’83%.

Il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche è una procedura largamente impiegata nel trattamento di molte malattie del sangue, utilizzata anche nella terapia di diverse altre malattie che provocano immunodepressione. Il trapianto allogenico consiste nella reinfusione di cellule staminali ematopoietiche di un donatore sano a un ricevente malato, dopo che questi è stato “condizionato”. Condizionare significa preparare il paziente con una somministrazione di chemioterapia o radioterapia ad alta intensità. L’efficacia del trapianto risiede nell’effetto immunologico del trapianto stesso, dove i linfociti T del donatore avranno il compito di eliminare le cellule neoplastiche, eventualmente ancora presenti del ricevente, dopo la terapia di condizionamento.

Per quanto riguarda le possibili reazioni avverse del vaccino, i ricercatori hanno invitato i pazienti a rispondere a dei questionari per 7 giorni dopo la prima e seconda dose per riportare eventuali effetti indesiderati.

Le risposte hanno mostrato come le due dosi di vaccino siano molto sicure, con reazioni avverse di lieve intensità nel 48% dei casi per la prima dose, e nel 39% per la seconda. Questi tassi sono paragonabili a quelli di una popolazione sana vaccinata. Nello studio si fa notare, inoltre, che il 62% dei pazienti ha raggiunto una concentrazione anticorpale alta, simile a quella di pazienti non affetti da malattie.

Un limite importante di questa sperimentazione è nella dimensione del campione analizzato, perdipiù influenzato dal fatto che i pazienti provenissero tutti dallo stesso centro. Per questo motivo questi risultati andrebbero confermati con studi applicati su una popolazione più vasta e randomizzata. Inoltre, la risposta anticorpale presa in esame nello studio è solo uno di tanti marcatori che valutano il grado di immunizzazione di un paziente. Per gli studi futuri, dunque, sarà necessario approfondire il livello di immunizzazione sotto altri punti di vista, ad esempio, valutando la reattività delle cellule T del tessuto ematopoietico trapiantato.