Uno studio retrospettivo condotto presso il centro di riferimento CAR-T del Grande Ospedale Metropolitano “Bianchi-Melacrino-Morelli” di Reggio Calabria conferma l’efficacia della terapia con cellule CAR-T nel trattamento del linfoma diffuso a grandi cellule B in recidiva o refrattario. I risultati clinici ottenuti in questo contesto “real-world” sono paragonabili a quelli dei trial registrativi e dei grandi centri del Nord Italia. Il lavoro evidenzia la capacità di gestire terapie avanzate (come le CAR-T) anche in una regione del Sud Italia storicamente penalizzata da problemi logistici nell’ambito sanitario (accessibilità dei pazienti e sostenibilità economica), che provocano alti livelli di migrazione extra-regionale per ricevere le cure mediche.

Il linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL, dall’acronimo inglese Diffuse Large B-Cell Lymphoma) è il sottotipo più comune di linfoma non-Hodgkin (NHL) e rappresenta il linfoma aggressivo più frequente nel mondo occidentale. Sebbene il trattamento standard con immunochemioterapia (R-CHOP) porti alla guarigione il 60% dei pazienti, circa il 30%- 40% va incontro a recidiva o presenta malattia refrattaria (R/R). Per questi pazienti, la terapia di salvataggio tradizionale (trapianto autologo di cellule staminali) non è sempre praticabile o efficace, specialmente se la recidiva avviene precocemente o in presenza di comorbidità.

In questo contesto si è affermata la terapia con cellule CAR-T (Chimeric Antigen Receptor T-Cell). La terapia CAR-T è una sorta di “autocura”, spiega Daniele Caracciolo (professore al Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università Magna Græcia di Catanzaro):

“I linfociti del paziente vengono prelevati, ingegnerizzati in laboratorio per esprimere un recettore specifico contro il bersaglio tumorale CD19, e successivamente reinfusi al paziente. Questi linfociti, circolando nel sangue, andranno a uccidere le cellule neoplastiche che esprimono questo target”.

Un recente studio su Cancers firmato da Caracciolo e colleghi, e condotto presso il centro CAR-T del Grande Ospedale Metropolitano “Bianchi-Melacrino-Morelli” di Reggio Calabria, ha valutato i risultati di due prodotti CAR-T approvati per il DLBCL, Axi-cel e Tisa-cel, in un contesto di pratica clinica reale.

Secondo il professor Caracciolo:
“L’esigenza era quella di fotografare ciò che accade in una regione geograficamente periferica e complessa, spesso segnata da una forte migrazione sanitaria, nella gestione di una terapia così tecnologicamente avanzata”.

 

Le caratteristiche dei pazienti e delle terapie

Lo studio ha analizzato i dati di 41 pazienti con DLBCL R/R che hanno ricevuto l’infusione di cellule CAR-T tra giugno 2020 e settembre 2024. La popolazione trattata era più eterogenea e complessa rispetto a quella degli studi pivotali. L’età mediana, infatti, era di 66 anni, significativamente superiore rispetto ai 56-58 anni riportati nei trial registrativi (JULIET, ZUMA-1, ZUMA-7). Inoltre, come spiega Caracciolo, molti pazienti erano pesantemente pretrattati, e presentavano comorbidità o complicanze legate alla malattia che li avrebbero esclusi da quei trial. Il 60,9% era refrattario all’ultimo regime terapeutico e il 24,4% aveva precedentemente fallito un trapianto autologo di cellule staminali (ASCT, Autologous Stem Cell Transplantation).

27 pazienti (65,8%) hanno ricevuto Axi-cel e 14 pazienti (34,2%) Tisa-cel. La scelta tra i due farmaci dipendeva sia dalle rispettive approvazioni ufficiali sia dalla disponibilità al momento del trattamento. Tisa-cel è stato il primo farmaco a ottenere l’autorizzazione (agosto 2019) per i pazienti in recidiva già sottoposti ad almeno due linee terapeutiche. Di conseguenza, i primi 14 pazienti dello studio, tutti trattati dalla terza linea in poi, hanno potuto ricevere esclusivamente questo prodotto. A novembre 2019 è stato approvato anche Axi-cel, con le stesse indicazioni di Tisa-cel. Dal 2023, inoltre, AIFA ne ha esteso l’uso ai pazienti con ricaduta precoce: questo ha permesso di includere nello studio 10 pazienti in seconda linea (24,4% della coorte), tutti trattati con Axi-cel.

Efficacia confermata delle terapie CAR-T

Il follow-up mediano dello studio è stato di 6,9 mesi. Il tasso di risposta globale (ORR, Overall Response Rate) è stato del 63,4%, con un tasso di risposta completa (CR, Complete Response) del 51,2%. Questi risultati sono simili a quelli del trial JULIET (ORR 52%; CR 40%). La sopravvivenza libera da malattia (PFS, Progression Free Survival) mediana, nella coorte di pazienti, è stata di 3 mesi, mentre la sopravvivenza mediana globale di 8,4 mesi.

Spiega Caracciolo:
“Nonostante la durata relativamente breve del follow-up, l’alto tasso di risposte complete è molto importante e incoraggiante. Si tratta di un dato considerato impensabile fino a qualche anno fa per pazienti recidivati. Studi con follow-up più lunghi, fino a 5 anni, suggeriscono che i pazienti in risposta completa verosimilmente si avvicinano alla guarigione”.

Axi-cel ha dato risultati superiori rispetto a Tisa-cel in termini risposta e sopravvivenza libera da malattia. Al contrario, la mortalità nel gruppo Tisa-cel è risultata significativamente maggiore (78,5% contro 29,6% per Axi-cel).
Era già nota la maggiore efficacia di Axi-cel nell’indurre risposte complete, nonostante la maggior tossicità. Tuttavia, l’alta mortalità nei pazienti che hanno ricevuto Tisa-cell risente di altri fattori, come il fatto che sono stati trattati pazienti alla terza linea di terapia e che, trattandosi della prima terapia innovativa disponibile, possa aver contribuito la mancanza di esperienza. Il professor Caracciolo aggiunge che la mortalità è stata influenzata anche dall’arrivo del Covid, che è stata la causa del decesso in tre pazienti.

Gli effetti avversi più comuni, come la sindrome da rilascio di citochine (CRS, Cytokine Release Syndrome) e la sindrome da neurotossicità associata a cellule effettrici immunitarie (ICANS, Immune Effector Cell-Associated Neurotoxicity Syndrome) sono stati prevalentemente di bassa intensità. I casi più acuti si sono verificati con Axi-cel, ma in nessun caso è stato necessario il ricovero in terapia intensiva.Oggi, nota Caracciolo: “Le tossicità sono ben gestibili con nuove strategie, per esempio a base di anticorpi anti-interleuchina-6 come il Tocilizumab”.

L’82,9% dei pazienti aveva ricevuto anche una “terapia ponte” per tenere sotto controllo la malattia mentre si preparavano le cellule CAR-T: non è stata osservata alcuna differenza significativa nel tasso di CR, ma i pazienti che l’hanno ricevuta hanno avuto una sopravvivenza globale (OS) più breve. Caracciolo, però, precisa:
“Questo dato, più che essere un effetto negativo della terapia stessa, sembra più collegabile al fatto che si trattava di pazienti con malattie più aggressive e che per questo richiedevano una terapia ponte per contenere la progressione della malattia. Questo ci dice ancor più come gli studi real world siano fondamentali per fotografare delle situazioni cliniche che altrimenti non si sarebbero visti negli studi registrativi”. Sono stati identificati anche alcuni fattori prognostici negativi. Per esempio, un alto carico tumorale e la presenza di più di un sito extralinfonodale hanno impattato negativamente sulla durata della sopravvivenza libera da malattia.

 

Anche un centro periferico può gestire terapie all’avanguardia

Il tempo mediano “dalla vena all’infusione” (V2Vt, Vein-to-Vein time) è stato di 28,5 giorni, un dato paragonabile a quello riportato nei grandi registri internazionali, come il CIBMTR negli Stati Uniti (27 giorni). Questo parametro indica il tempo trascorso dal prelievo dei leucociti e la reinfusione delle cellule CAR-T ottenute, ed è noto che tempi più brevi sono associati a esiti migliori.

Il professore chiarisce che questo successo è frutto di un lavoro di squadra:

“Sono state coinvolte le oncoematologie del territorio e, in primis, il gruppo CAR-T del centro di Reggio Calabria, guidato dal direttore Massimo Martino, in stretta collaborazione con gli infermieri, la rianimazione e la farmacia ospedaliera. I risultati che abbiamo ottenuto indicano che la geografia non deve essere ovviamente una barriera per la medicina di eccellenza”.

Sul fronte della ricerca, sia clinica che pre-clinica, è importante continuare a lavorare sulla selezione dei candidati più idonei a ricevere il trattamento, ovvero quelli che hanno maggiore probabilità di risposta. Spiega Caracciolo: “All’Università Magna Grecia di Catanzaro abbiamo attivato delle collaborazioni tramite borse di dottorato proprio per lo studio di nuovi fattori predittivi di risposta alla terapia CAR-T nei pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule, quindi per identificare, anche a livello biologico e molecolare, quei pazienti che potrebbero giovare ancor di più dal trattamento. Vogliamo estendere lo studio di real world man mano che i pazienti vengono arruolati, e identificare il profilo del paziente migliore da inviare a questo tipo di terapia. Inoltre, oggi sappiamo che, non solo i linfomi diffusi a grandi cellule, ma anche altre malattie come i linfomi follicolari e il mieloma multiplo hanno indicazione alla terapia con i CAR-T”.

Il costo della terapia è stimato intorno ai 300.000 euro a paziente, e questo pone sfide alla sostenibilità per il Servizio Sanitario Nazionale. Secondo le proiezioni, però, questo costo potrebbe abbassarsi molto.

“Ora pochi laboratori possono produrre le CAR-T. Per migliorare la logistica e abbattere i costi, si auspica una decentralizzazione della produzione e della somministrazione. Ci si muoverà a fare nuovi centri CAR-T in periferia per abbattere i prezzi dovuti al trasporto, le spese di rientro, le spese di crioconservazione”. Inoltre, prosegue il ricercatore: “Se grazie a questa terapia il 40-50% dei pazienti trattati guarisce, allora non saranno necessarie trattamenti successivi e si ridurranno i costi di gestione del paziente. Questo rende la terapia potenzialmente cost-effective a lungo termine”.

Nel complesso, per superare i persistenti svantaggi del Sud Italia, sono richiesti migliori network hub-and-spoke, che centralizzano le connessioni tramite un unico centro, oltre che rinvii semplificati con coordinamento digitale e un supporto logistico standardizzato.

 

L’articolo originale di Caracciolo D, et al. CD19 CAR-T Outcomes in Patients with Relapsed/Refractory Diffuse Large B-Cell Lymphoma: A Retrospective Cohort Study from the Calabria Referral Center in Southern Italy, pubblicato su Cancers è disponibile a questo link: https://www.mdpi.com/2072-6694/17/17/2796