I geni IDH1 e IDH2 sono frequentemente mutati nella leucemia mieloide acuta e potrebbero essere importanti bersagli terapeutici.

La leucemia mieloide acuta (LMA) è una neoplasia delle cellule del sangue che causa la produzione incontrollata di globuli bianchi anomali. Si tratta della leucemia più comune nell’adulto, rappresentando circa il 25% di tutte le leucemie diagnosticate. E sia dal punto di vista clinico che da quello biologico, la LMA è una malattia molto eterogenea, per cui sono stati descritti vari sottotipi geneticamente distinti.

Il panorama delle alterazioni molecolari si è arricchito enormemente con l’introduzione di metodiche di sequenziamento del DNA di ultima generazione. Le mutazioni a carico dei geni IDH1 e IDH2 (Isocitrato deidrogenasi 1 e 2) sono tra le prime ad essere state identificate tramite sequenziamento e sono anche tra le più comuni: sono presenti nel 20% dei pazienti adulti e nel 30% di quelli in età pediatrica. Lo studio osservazionale GIMEMA AML1516, di recente pubblicato su Cancers, ha studiato la prevalenza di queste mutazioni e il loro significato prognostico anche nei pazienti italiani.

Le mutazioni IDH1 e IDH2 interferiscono nella regolazione dell’espressione genica, impedendo la trascrizione di alcuni geni e compromettendo la produzione di cellule del sangue dalle cellule staminali del midollo osseo. “Si tratta di mutazioni attivanti, ovvero l’enzima mutato che ne deriva è più attivo del normale, e la sua attività anomala va ad interferire con i meccanismi di metilazione del DNA che regolano l’espressione dei geni. Ne consegue il blocco della maturazione della cellula ematopoietica. Ciò contribuisce allo sviluppo della leucemia. ”, spiega Maria Teresa Voso, direttrice del Laboratorio di Diagnostica Avanzata Oncoematologica del Policlinico di Tor Vergata, nonché coordinatrice dello studio GIMEMA AML1516.

L’obiettivo principale era stimare la prevalenza e il tipo di mutazioni IDH all’interno di una coorte di pazienti affetti da leucemia mieloide acuta. Lo studio è stato attivo da maggio 2017 a gennaio 2020 e ha coinvolto 17 centri di ematologia in Italia.

Dei 284 pazienti inclusi nell’analisi, il 32% presentava una mutazione dei geni IDH1 o IDH2 alla diagnosi. Nello specifico, in 38 pazienti (il 14%) è stata identificata la mutazione IDH1, e in 51 (il 18%) la mutazione IDH2.

“Nello studio italiano abbiamo trovato una percentuale più alta di pazienti con le mutazione IDH rispetto a quanto riportato in letteratura” – continua la Professoressa Voso – “ma probabilmente ciò è dovuto a un difetto nella selezione che ha portato i centri ad includere nella sperimentazione un numero maggiore di pazienti mutati”. I risultati ottenuti sono comunque in linea con quelli riportati in altri studi simili, non condotti in Italia.

 

 
 
Questo studio sottolinea l’importanza dell’identificazione precoce delle mutazioni IDH1 e IDH2 per poter ampliare l’offerta terapeutica dei pazienti affetti da leucemia mieloide acuta.

“Dimostrare che anche nella casistica italiana queste mutazioni hanno un’incidenza paragonabile agli altri studi fa capire che è importante studiarle fin dalla diagnosi perché la terapia del paziente potrebbe includere anche gli inibitori di IDH1 e di IDH2”, aggiunge Monica Messina, primo autore dell’articolo e membro dell’Unità di Analisi Biostatistiche del GIMEMA.

La FDA (Food and Drug Administration) ha di recente approvato dei farmaci inibitori specifici per IDH1 e IDH2, da utilizzare per il trattamento di pazienti con LMA recidivata o refrattaria ad altre terapia o per quelli che non possono essere trattati con chemioterapia intensiva.

“Ci auguriamo che questi farmaci diventino presto disponibili anche in Italia perché i risultati dello studio GIMEMA mostrano non solo che abbiamo la capacità di identificare le mutazioni IDH1 e IDH2 alla diagnosi, ma anche che la percentuale di pazienti con queste mutazioni non è bassa. Per cui non si tratterebbe di un farmaco di nicchia”, conclude Voso.