Secondo uno studio pubblicato su Blood, il trattamento con ATRA/ATO ha esiti migliori rispetto alla chemioterapia. La ricerca, che ha utilizzato HARMONY, una piattaforma europea di condivisione ed elaborazione dei dati clinici sui tumori del sangue, ha validato i risultati di trial clinici come il GIMEMA-APL0406.

La ricerca biomedica, soprattutto quella che indaga le malattie oncoematologiche, ha un bisogno fondamentale: i dati. Ed è proprio su questa necessità che si basa il progetto HARMONY, una piattaforma digitale europea che raccoglie e uniforma diverse tipologie di dati sui tumori ematologici, tra cui informazioni cliniche, genetiche e molecolari provenienti da diversi database e organizzazioni. Non a caso, sul sito web di HARMONY si legge proprio che “tutto ciò di cui abbiamo bisogno sono dati”. L’iniziativa, che vede la partecipazione anche di Fondazione GIMEMA, mira a ottenere una comprensione più approfondita dei tumori del sangue e a sviluppare nuove strategie e approcci terapeutici, anche per malattie rare per cui al momento non esistono cure efficaci o per quei pazienti per cui le terapie standard non sembrano funzionare. A dimostrarlo un recente studio, pubblicato sulla rivista scientifica Blood, che si è servito della piattaforma HARMONY e che ha fornito una prova concreta dell’efficacia di questo tipo di approccio. In particolare, la ricerca ha convalidato, su un’ampia coorte di pazienti con leucemia acuta promielocitica (APL, nell’acronimo inglese), la terapia chemio-free con acido all-trans retinoico e triossido di arsenico (ATRA/ATO), dimostrandone la superiorità rispetto alla chemioterapia e ridefinendo i fattori prognostici per i pazienti con questa malattia. Ne abbiamo parlato con Maria Teresa Voso, professoressa di Ematologia all’Università di Roma Tor Vergata e prima autrice dell’articolo.

 

Cos’è il progetto HARMONY

Per lungo tempo, una delle principali sfide della ricerca biomedica è stata la scarsità di dati clinici. Ottenere risultati significativi per studiare determinate patologie, nuove terapie o strumenti diagnostici, richiedeva una quantità di informazioni che spesso mancava o che non era sufficiente. Da qualche decennio, però, le cose sono cambiate radicalmente. Con l’avvento di tecnologie informatiche, genetiche e molecolari avanzate, oggi le persone che si occupano di ricerca hanno una quantità di dati clinici enorme a loro disposizione. Adesso, piuttosto, la sfida è condividere, gestire, analizzare e interpretare questa mole di informazioni. In questo, gli strumenti di analisi Big Data e l’intelligenza artificiale sono ottimi alleati, che consentono, a partire proprio dai dati, di ottenere conclusioni scientifiche utili per comprendere meglio alcune condizioni mediche, migliorare gli standard di trattamento o sviluppare terapie personalizzate.

È in questo contesto che nasce, nel 2017, il progetto HARMONY, un partenariato europeo pubblico-privato dedicato ai tumori del sangue che vuole colmare il divario tra il grande numero di dati e le intuizioni scientifiche della ricerca biomedica. In particolare, HARMONY consiste in un archivio centralizzato di diversi tipi di dati, tra cui informazioni cliniche, genetiche, molecolari e dati omici provenienti da più database e organizzazioni che si occupano di tumori ematologici. Ad oggi, questa piattaforma coinvolge 128 partner provenienti da 28 paesi e gestisce un archivio con oltre 122.000 cartelle cliniche. Questi dati alimentano più di 30 progetti di ricerca, analizzati con strumenti avanzati tra cui la modellazione con l’intelligenza artificiale.

“La piattaforma, attiva da circa otto anni, ha già raccolto oltre 30.000 casi di leucemia mieloide acuta e migliaia di casi di mieloma multiplo e altre neoplasie ematologiche”, spiega Maria Teresa Voso a GIMEMA Informazione.

Un aspetto fondamentale di HARMONY è la rigorosa gestione dei dati, che prevede l’anonimizzazione in due fasi per garantire la conformità alle normative europee sulla protezione dei dati. “Dopo la raccolta, i dati vengono anonimizzati e armonizzati, permettendone un’analisi integrata”, sottolinea Voso. Una volta resi omogenei, i dati possono finalmente essere impiegati dai ricercatori: chi studia le malattie onco-ematologiche può estrarre da essi nuove informazioni utili, mentre i data scientist, grazie a strumenti di analisi avanzati, possono sviluppare algoritmi di intelligenza artificiale in grado di estrarre nuovi modelli nei dati e, quindi, altre informazioni. L’obiettivo finale, come si legge sul sito web della piattaforma, è quello di definire nuovi indicatori di esito, facilitare gli studi post-autorizzazione delle terapie e fornire ai professionisti sanitari strumenti per personalizzare trattamenti e cure per i pazienti con tumori del sangue.

 

Lo studio pubblicato su Blood

“Il nostro studio era mirato a valutare i risultati del trattamento dell’APL su un gran numero di pazienti, in modo da poter validare i risultati che erano seguiti alla pubblicazione dei principali studi clinici al riguardo”, afferma Voso. L’APL è una malattia rara che rappresenta circa il 5% – 8% di tutte le leucemie mieloidi acute di nuova diagnosi negli adulti. A partire dal 1988, i ricercatori hanno identificato due farmaci in grado di colpire i bersagli molecolari che danno origine alla malattia, l’acido all-trans retinoico (noto anche con l’acronimo ATRA) e il triossido di arsenico (ATO).

Il trattamento chemio-free con queste due molecole ha fatto sì che la leucemia acuta promielocitica diventasse, da una delle malattie ematologiche con esito più sfavorevole, curabile nell’80%-90% dei casi.

Tuttavia, rimangono ancora diversi aspetti da indagare. In primo luogo, la mortalità precoce, che si osserva in una percentuale significativa di pazienti (fino al 15-20%), verificandosi prima della diagnosi, dell’inserimento nei protocolli di trattamento o nel corso dei primi trenta giorni di terapia. Ulteriori questioni aperte, poi, riguardano la prevalenza complessiva della cosiddetta sindrome da differenziamento, il ruolo dei fattori prognostici correlati al paziente e alla leucemia acuta promielocitica, in particolare nel contesto dei regimi terapeutici chemio-free, e l’applicabilità di tali regimi nella pratica clinica di routine.

Grazie all’ampio volume di dati contenuti nella piattaforma HARMONY, i ricercatori hanno potuto sia validare i risultati di recenti studi clinici, sia esplorare alcune di tali questioni irrisolte. In particolare, lo studio ha incluso 1438 pazienti con APL, diagnosticati tra il 1999 e il 2022, con un follow-up mediano di circa 5 anni e mezzo. “Questi pazienti rappresentano una casistica tipica, con un’età mediana di 50 anni. Circa il 20% dei pazienti presentava una APL ad alto rischio. Circa la metà dei pazienti è stata trattata con il regime ATRA/ATO senza o con basse dosi di chemioterapia, mentre l’altra metà ha ricevuto la chemioterapia standard di tipo AIDA (ATRA e idarubicina). Il 37% dei pazienti è stato trattato nell’ambito di studi clinici, mentre il restante ha ricevuto il trattamento nella pratica clinica di routine”, ha precisato Voso. I dati dei pazienti, infatti, provengono da quattro registri europei e da due studi multicentrici internazionali, tra cui lo studio GIMEMA-APL0406, che ha consentito l’approvazione del trattamento chemio-free ATRA/ATO per i pazienti con leucemia acuta promielocitica a rischio standard.

Come già dimostrato dagli studi clinici, i risultati della ricerca hanno confermato la superiorità del regime ATRA-ATO rispetto alla chemioterapia di tipo AIDA.

Il trattamento, si legge nello studio, è stato ben tollerato, ed è noto dagli studi GIMEMA come si associ a miglioramento della qualità della vita dei pazienti, senza un aumento delle complicanze a lungo termine, anche nella pratica clinica di routine e non in un contesto estremamente controllato come quello di uno studio clinico. “La terapia con ATRA e ATO si conferma come il trattamento più efficace per i pazienti affetti da APL. In questo contesto, alcuni fattori prognostici, come lo score di rischio Sanz, perdono il loro valore prognostico.

Con il trattamento chemio-free, ad eccezione dell’età, tutti gli altri parametri prognostici perdono importanza. Le probabilità di sopravvivenza a lungo termine raggiungono quasi il 90% nei pazienti trattati con ATRA e ATO, e il rischio di recidiva è molto basso, inferiore al 5% anche a lungo termine. Questi risultati confermano i dati positivi degli studi clinici”, aggiunge l’autrice dell’articolo.

 

La ricerca non si ferma

Come si legge nello studio, il prossimo obiettivo, adesso, sarà quello di estendere l’uso del triossido di arsenico ai sottotipi di APL ad alto rischio e indagare più nel dettaglio le formulazioni orali di questo farmaco, che offrono un’opzione interessante per semplificare la gestione della malattia. Non solo, la ricercatrice spiega che HARMONY potrebbe rivelarsi fondamentale per alcuni sottotipi di malattie ematologiche molto rare, come le cosiddette leucemie APL-like, morfologicamente e immunofenotipicamente simili alla APL, ma caratterizzate da traslocazioni e riarrangiamenti genici distinti, e da una prognosi generalmente sfavorevole. “Si tratta di patologie estremamente rare, per le quali HARMONY potrebbe consentire la raccolta di un numero significativo di casi”, spiega Maria Teresa Voso.

Infine, una delle principali questioni aperte rimane proprio quella delle morti precoci, che riguardano un numero di pazienti ancora troppo elevato, anche guardando casistiche recenti. “Vorremmo realizzare un registro italiano sulle morti precoci, per definire più chiaramente le strategie di trattamento per i pazienti a rischio, come quelli che presentano un’elevata conta leucocitaria all’esordio o che sviluppano tale condizione durante la terapia, spesso associata a sindrome da differenziamento”. Insomma, nonostante i progressi fatti finora e le notizie incoraggianti che arrivano dalla piattaforma HARMONY, c’è ancora molto da fare. “Anche se la APL oggi è considerata una patologia con un’elevata probabilità di guarigione, la perdita di ogni singolo paziente rappresenta una sconfitta”. Ragion per cui la ricerca sta facendo di tutto per diminuire sempre di più quel numero.