Una recente indagine nazionale condotta nell’ambito del progetto ITP-NET, in collaborazione con la Fondazione GIMEMA, ha esplorato l’uso degli agonisti del recettore della trombopoietina, usati sempre più precocemente nella trombocitopenia immune primaria.

La trombocitopenia immune primaria (ITP dall’acronimo inglese Immune thrombocytopenia) è una malattia autoimmune caratterizzata da una riduzione del numero di piastrine nel sangue, dovuta a un aumento della loro distruzione. I pazienti con ITP possono andare incontro a emorragie più o meno gravi, che rappresentano la principale complicanza della malattia. Nella maggior parte dei casi la terapia di prima linea prevede l’impiego di corticosteroidi, spesso associati a immunoglobuline, per aumentare rapidamente la conta piastrinica. Tuttavia, non tutti i pazienti rispondono a questi trattamenti o possono sviluppare effetti collaterali significativi legati all’uso prolungato degli steroidi.

In questo contesto si inseriscono gli agonisti del recettore della trombopoietina (TPO-RA), una classe di farmaci che stimola direttamente la formazione di piastrine nel midollo osseo, imitando l’azione dell’ormone naturale responsabile del loro sviluppo. I due principali TPO-RA attualmente in uso sono eltrombopag e romiplostim. Inizialmente riservati a pazienti resistenti alle terapie convenzionali, oggi questi farmaci vengono utilizzati sempre più precocemente.

Una recente indagine nazionale, condotta nel luglio 2023 nell’ambito del progetto ITP-NET in collaborazione con la Fondazione GIMEMA, ha coinvolto 38 centri ematologici italiani e ha raccolto le risposte di 41 specialisti dedicati alla gestione quotidiana dell’ITP, esplorando proprio questo cambio di paradigma.

Dai risultati è emersa una chiara tendenza che punta verso un impiego sempre più anticipato dei TPO-RA, talvolta già dopo il fallimento del trattamento di prima linea (con steroidi e immunoglobuline), specialmente in presenza di pazienti scarsamente responsivi o con episodi emorragici gravi. Inoltre, l’uso precoce dei TPO-RA consente di ridurre la somministrazione di steroidi, limitandone gli effetti collaterali, in particolare in pazienti con comorbidità cardiovascolari o metaboliche.

Tra gli elementi che ancora frenano l’utilizzo precoce di questi farmaci, invece, vi sono l’incertezza diagnostica nelle fasi iniziali, il timore di una sovraesposizione terapeutica e la presenza di comorbidità che aumentano il rischio trombotico. Tuttavia, una crescente consapevolezza sull’uso combinato con anticoagulanti o antiaggreganti e i dati rassicuranti sulla sicurezza, stanno contribuendo a superare queste resistenze.

“La somministrazione dei TPO-RA è stata progressivamente anticipata nel corso degli anni e la loro gestione da parte degli specialisti è stata migliorata grazie all’acquisizione di maggiori evidenze di real-life” – ha spiegato una delle autrici dello studio, Mariasanta Napolitano, professoressa associata e responsabile UOS Emostasi e Trombosi presso l’AOUP Paolo Giaccone di Palermo – “La survey, i cui risultati sono stati di recente pubblicati, ha voluto esplorare le inclinazioni alla prescrizione anticipata dei TPO-RA da parte degli ematologi italiani esperti nella gestione di ITP”.

Attualmente le linee guida italiane della Società Italiana di Ematologia (SIE) raccomandano l’uso dei TPO-RA dopo sei mesi dalla diagnosi. Tuttavia l’evidenza emergente, fornita da studi condotti nel Regno Unito e in altri contesti real-life, suggerisce che un impiego anticipato può portare a una solida risalita della conta piastrinica, con una maggiore probabilità di mantenere la risposta anche dopo la sospensione del farmaco.

In generale, i dati real-world confermano non solo un miglior controllo delle emorragie, ma anche una ridotta necessità di trattamenti futuri.

I risultati dell’indagine GIMEMA, inoltre, pongono anche l’attenzione su alcuni punti: ridefinire chiaramente cosa si intende per uso precoce; standardizzare la valutazione della risposta piastrinica, così da poterne misurare l’impatto clinico; definire meglio il concetto di resistenza ai TPO-RA. Se in passato, infatti, si riteneva che alcuni pazienti non rispondessero affatto a questi farmaci, oggi sappiamo che la risposta dipende da una moltitudine di fattori variabili.

Alla luce di queste evidenze, sarà sempre più importante personalizzare l’approccio terapeutico, valutando caso per caso il momento giusto per introdurre gli agonisti del recettore della trombopoietina, monitorandone con attenzione gli effetti nel tempo.

“Lo scenario attuale della ITP si sta arricchendo di opzioni terapeutiche, con l’obiettivo di modificare il decorso della patologia e agire su ulteriori meccanismi della malattia. I risultati – spiega Napolitano – confermano l’apertura all’uso precoce di TPO-RA, da valutare in ciascun paziente, personalizzando quindi la terapia”.

 

L’articolo scientifico originale di Napolitano M, et al., Early Use of Thrombopietin Receptor Agonists (Tpo-Ras) in Clinical Practice: Results from an Italian Survey on Behalf of the Gimema Working Group Anemia and Thrombocytopenia, pubblicato su Mediterranean Journal of Hematology and Infectious Diseases è disponibile a questo link: https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC12081038/