Lo studio IKEMA dimostra che l’associazione dell’anticorpo monoclonale isatuximab al trattamento con carfilzomib e desametasone migliora la risposta nei pazienti con malattia in fase recidiva o refrattari a precedenti terapie.

L’aggiunta dell’anticorpo monoclonale isatuximab alla combinazione dei farmaci carfilzomib-desametasone migliora significativamente la sopravvivenza senza progressione della malattia nei pazienti con mieloma multiplo recidivante e ha un buon profilo di sicurezza. I risultati positivi dello studio IKEMA, pubblicati su The Lancet lo scorso giugno, hanno portato all’approvazione dei tre farmaci come nuovo standard di cura nei casi di malattia in fase recidiva o refrattaria ad altre linee di trattamento.

Il mieloma multiplo è il secondo tumore ematologico più diffuso al mondo. Il trattamento prevede diverse linee di intervento: il trapianto autologo di cellule staminali, la somministrazione degli inibitori del proteosoma (che bloccano la demolizione delle proteine non necessarie all’interno delle cellule, rallentando la crescita del tumore) e quella dei farmaci che vanno a regolare la risposta immunitaria (immunomodulatori).

Queste terapie migliorano la sopravvivenza dei pazienti ma, ad oggi, il mieloma multiplo resta una malattia incurabile e molti sono i casi di recidiva. Per cui, nuovi trattamenti sono necessari e diversi sono in fase di sperimentazione.

L’isatuximab è un anticorpo monoclonale che agisce sulle proteine CD38 presenti sulle cellule del mieloma multiplo e ne causa la morte. Precedenti studi hanno mostrato la sua efficacia in combinazione con altri inibitori del proteosoma e con agenti immunomodulatori. Nello studio IKEMA, l’uso dell’Isotuximab è stato associato al desametasone e al carfilzomib, che è il primo inibitore del proteosoma irreversibile e altamente selettivo per il mieloma multiplo. I risultati ottenuti sono stati confrontati con quelli del gruppo di controllo, trattato solo con la combinazione carfilzomib-desametasone.

IKEMA è uno studio randomizzato di fase 3 che ha coinvolto 69 centri distribuiti in 16 paesi. I pazienti sono stati assegnati in modo casuale ad uno dei due gruppi di sperimentazione: 179 hanno ricevuto la combinazione isatuximab, carfilzomib e desametasone e 123 sono rientrati nel gruppo di controllo. In totale hanno partecipato 302 pazienti maggiorenni con mieloma multiplo recidivo o refrattario ad almeno una precedente linea di terapia. Sono state valutate l’efficacia del trattamento in termini di sopravvivenza libera dalla progressione della malattia e la sicurezza del trattamento, in modo da escludere eventi avversi gravi.

I risultati hanno mostrato che l’aggiunta di isatuximab a carfilzomib-desametasone determina un miglioramento significativo della sopravvivenza libera da progressione della malattia, rispetto al solo trattamento con carfilzomib-desametasone. Per quanto riguarda il profilo di sicurezza ci sono state più infezioni respiratorie nel gruppo che ha ricevuto anche l’Isotuximab, ma non sono stati eventi fatali o tanto gravi da comportare l’interruzione del trattamento.

Michele Cavo, direttore dell’Istituto di Ematologia “Seragnoli” dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, sulle pagine di The Lancet, commenta così i risultati dello studio: “I risultati dello studio IKEMA supportano l’uso di isatuximab con carfilzomib-desametasone come nuovo standard di cura per i pazienti con recidiva o refrattari a precedenti linee di trattamento.

Sebbene siano disponibili molte combinazioni di trattamento, i trattamenti per le crescenti popolazioni di pazienti sottoposti a bortezomib e refrattari a lenalidomide in prima linea, o che sono refrattari a entrambi questi agenti, necessitano ancora di un ulteriore perfezionamento”.

Lo studio IKEMA – sottolinea Cavo – non fornisce sufficienti dati sui trattamenti per i pazienti che non rispondono più alla terapia con lenalidomide in prima linea e, allo stesso tempo, manca di dati sui pazienti che non rispondono più né a bortezomib (inibitori del proteosoma) né a lenalidomide. Conclude il direttore: “Anche se gli anticorpi monoclonali in combinazione con altri farmaci e le terapie geniche con cellule T potrebbero essere la risposta giusta per questi pazienti, lo sviluppo di nuove strategie continua ad essere una priorità chiave nella ricerca sul mieloma”.