Ogni anno, dal 2018, la Fondazione GIMEMA – Franco Mandelli Onlus bandisce il “Fondo per le idee”, un bando di concorso per finanziare progetti di ricerca clinica in ematologia. Fra i vincitori del 2020 c’è il progetto presentato da Giovanni Roti, ricercatore all’università di Parma. La ricerca finanziata ha come obiettivo trovare una nuova strategia terapeutica alla leucemia mieloide acuta, malattia che si sviluppa rapidamente nel midollo osseo per via di una proliferazione anomala delle sue cellule staminali. GIMEMA informazione ha intervistato Giovanni Roti per approfondire le finalità dello studio.

In cosa consiste il progetto?

“La ricerca consiste principalmente nel colpire il gene EVI-1, quando si esprime in modo anomalo e provoca la forma conosciuta come più aggressiva di leucemia mieloide acuta. Le terapie attuali non sono efficaci e la maggior parte dei pazienti ha una sopravvivenza media inferiore ai 2 anni. Questa malattia difficilmente viene diagnosticata correttamente poiché rara e inoltre è refrattaria alla chemioterapia per definizione.

Dal 2017 abbiamo iniziato un grande sforzo di screening, testando più di 6000 farmaci con l’obiettivo di creare una terapia mirata per ripristinare la normale produzione di proteine espresse e codificate da questo gene”.

Da che ipotesi siete partiti?

“La domanda scientifica dalla quale siamo partiti riguarda un tema di ricerca che stiamo portando avanti
nei nostri laboratori da molto tempo. Spesso i geni mutati nella leucemia mieloide acuta codificano per fattori di trascrizione, il processo mediante il quale le informazioni contenute nel DNA vengono trasferite all’RNA. I fattori di trascrizione sono proteine fondamentali e senza di esse il DNA non potrebbe trasferire le proprie informazioni all’RNA e questo non potrebbe essere tradotto per produrre le macromolecole essenziali per la vita.

L’alterazione dei fattori di trascrizioni è uno degli eventi precoci che può portare all’insorgenza delle leucemie e un esempio è il gene che stiamo studiando, EVI-1.

Inoltre i fattori di trascrizioni non sono aggredibili da sostanze chimiche. Sono pochissimi i farmaci che modulano direttamente i fattori di trascrizione perché chimicamente è difficile disegnare delle strutture che permettano di bloccare l’integrazione di questi con il DNA. Nel nostro laboratorio, dunque, l’obiettivo è di individuare strategie per modulare queste proteine espresse in maniera anomala”.

A che punto è la sperimentazione?

“Siamo riusciti a individuare una classe di molecole che modula il gene alterato. Ora stiamo caratterizzando gli effetti nei modelli in vitro, le linee cellulari e le cellule stabilizzate da pazienti con questo tipo di leucemia mieloide acuta.
Le nostre previsioni sono di ottenere una migliore risposta rispetto al trattamento standard che include un chemioterapico comune usato nel trattamento delle leucemie acute mieloidi, ma a cui questo sottotipo risulta resistente.

La difficoltà principale di questo studio consiste nel trovare pazienti per i futuri trial clinici, essendo questa malattia molto rara e, proprio per questo motivo, è difficile ipotizzare uno studio randomizzato”.

Qual è il futuro di questa ricerca?

“Speriamo di introdurre le molecole che stiamo studiando all’interno delle future sperimentazioni, in modo tale da paragonare lo storico della terapia standard confrontandolo con l’efficacia di questa terapia sperimentale. Quello che auspichiamo è di riuscire a identificare dei nuovi farmaci o delle nuove strategie terapeutiche. Fra le diverse sfide da affrontare in futuro c’è comprendere il perché questa malattia è così chemioresistente”.