È di oggi la pubblicazione su The New England Journal of Medicine di una review voluta e scritta dal professor Robin Foà, per ripercorrere 25 anni di progressi sulla leucemia linfoblastica acuta Philadelphia-positiva, che ha visto il GIMEMA protagonista di una vera rivoluzione terapeutica.
Fino agli anni 2000 la leucemia linfoblastica acuta Philadelphia-positiva (Ph+ ALL, dall’acronimo inglese) aveva una prognosi molto sfavorevole e l’unica possibilità di guarigione era il trapianto di midollo osseo. Oggi, con le recenti terapie, può essere curata senza chemioterapia e senza trapianto di midollo, con risposte ematologiche complete nel 94-100% degli adulti e sopravvivenze a lungo termine del 75-80%.
Questi risultati sorprendenti sono stati possibili grazie al gruppo di lavoro GIMEMA, che ha avuto un ruolo pionieristico nel trattamento di questa patologia, promuovendo protocolli clinici innovativi e puntando su terapie mirate prima con gli inibitori tirosin-chinasici (TKI) – imatinib, dasatinib e ponatinib – e più recentemente con l’introduzione del blinatumomab, un anticorpo monoclonale.
Con oltre 25 anni di studi clinici condotti in Italia su pazienti di tutte le età, il GIMEMA ha sviluppato protocolli clinici che sono oggi modelli internazionali di trattamento per la Ph+ ALL.
Un esempio illuminante di ricerca scientifica, che dimostra come una migliore comprensione della biologia di una malattia, l’implementazione di un trattamento mirato al difetto genetico sottostante, un accurato monitoraggio molecolare della profondità della risposta al trattamento e, più recentemente, l’aggiunta dell’immunoterapia abbiano portato alla guarigione i pazienti affetti da questa malattia.
“Nel 2000, un TKI senza chemioterapia è stato introdotto per il trattamento di prima linea degli anziani con leucemia linfoblastica acuta Ph+, dando inizio a una nuova era nella gestione di questa malattia”. – commenta nella review l’autore, il professor Robin Foà, Università La Sapienza, Roma – Se ogni tassello del puzzle è al suo posto (diagnosi precoce, disponibilità di TKI e blinatumomab e monitoraggio della malattia minima residua) oggi, 25 anni dopo, possiamo aspettarci di curare la maggior parte degli adulti con Ph+ ALL, indipendentemente dall’età”.
“Una storia anni fa impensabile, di cui tutti i ricercatori GIMEMA sono stati protagonisti. – commenta Paola Fazi, direttrice del Centro Dati GIMEMA – La nostra storia, la storia di come il GIMEMA ha ridefinito le prospettive di sopravvivenza per migliaia di pazienti adulti, oggi rimane indelebile sulla rivista scientifica più prestigiosa del mondo”.
A questo link è possibile visionare la review https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMra2405573