Pubblicati sulla rivista The Lancet i risultati dello studio GIMEMA-MMY-3006. La terapia che associa i farmaci bortemizomib-talidomide-cortisone (VTd) ha effetti positivi nella cura dei pazienti affetti da mieloma multiplo e sottoposti a trapianto autologo.
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Lo studio GIMEMA-MMY-3006 confronta un regime a tre farmaci (VTd) con un regime a due farmaci, talidomide-desametasone (Td) su pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi.

I risultati dimostrano passi avanti nella terapia per il mieloma attraverso la combinazione di nuovi farmaci con alte dosi del chemioterapico melfalan.

Il progetto di ricerca, coordinato da Michele Cavo dell’Istituto di Ematologia Seràgnoli dell’Università di Bologna, ha coinvolto 73 centri ematologici italiani e 480 pazienti tra i 18 e i 65 anni, divisi in due gruppi: a 241 è stata somministrata la combinazione VTd, mentre ai rimanenti 239 quella Td. I medicinali sono applicati come terapia di induzione – somministrazione di cortisone seguita da una chemioterapia intensiva – e come terapia di consolidamento – chemioterapia intensiva subito dopo la fase di ripresa del paziente dalla terapia di induzione – in un programma di cura che prevede il doppio trapianto autologo.

Un’analisi iniziale del 2010 aveva già dimostrato come a 3 anni dall’inizio della terapia la combinazione VTd fosse superiore rispetto a quella Td, sia in termini di risposta dei pazienti alla terapia che di assenza di peggioramenti legati alla malattia nel tempo. Paola Tacchetti, ematologa dell’equipe del Seràgnoli, ha commentato a Gimema informazione i risultati:

“L’analisi finale dello studio, giunto a 10 anni dall’inizio della terapia, ha confermato che un terzo dei pazienti che hanno ricevuto VTd e doppio trapianto autologo è libero da progressione di malattia”.

Inoltre, il 60% dei pazienti che ha ricevuto VTd risulta vivo dopo 10 anni dall’inizio della terapia, contro il 46% dei pazienti trattati con talidomide-desametasone (Td) .

La terapia VTd si è confermata efficace anche nella porzione di pazienti affetti da mieloma che, poiché colpiti da particolari alterazioni genetiche, sono definiti ad alto rischio e predisposti ad un rischio di recidiva.

Rispetto ai tempi in cui è stato disegnato lo studio, le terapie a disposizione per il trattamento del mieloma multiplo si sono evolute.

In particolare, la terapia di mantenimento con il farmaco di nuova generazione lenalidomide si è dimostrata capace di prolungare la sopravvivenza dei pazienti sottoposti a trapianto diventando oggi l’approccio standard per il mieloma multiplo. “Questo farmaco – spiega Tacchetti – risulta preferibile rispetto al precedente impiego della talidomide, soprattutto in termini di ridotta tossicità neurologica e in quanto ben tollerato dai pazienti”.

Per Paola Tacchetti gli studi clinici in corso e quelli futuri dovranno fornire ulteriori approfondimenti sull’impiego di farmaci di ultima generazione con l’obiettivo di sviluppare nuovi approcci terapeutici differenziati e modulati.