I risultati preliminari dello studio GIMEMA ALL2720 indicano le potenzialità di un approccio che combina dati genomici e farmacologici, aprendo la strada a terapie su misura per i pazienti con T-ALL
Una piattaforma che integra dati genomici e farmacologici per una medicina di precisione più efficace e personalizzata: è questa la protagonista dello studio GIMEMA ALL2720, i cui risultati preliminari sono stati presentati all’ultimo congresso dell’Associazione Europea di Ematologia (EHA). La ricerca si focalizza sulla leucemia linfoblastica acuta a cellule T (T-ALL, dall’inglese T-cell acute lymphoblastic leukemia), una patologia complessa per la quale, nonostante la scoperta di nuovi bersagli terapeutici negli ultimi vent’anni, restano ancora poche opzioni di terapia di seconda linea. Per rispondere a questo bisogno clinico, gli autori dello studio hanno sviluppato una piattaforma chemogenomica in grado di individuare trattamenti alternativi alla nelarabina, attualmente l’unico farmaco approvato per i pazienti con T-ALL recidivata o refrattaria.
I risultati sono promettenti: il 60% dei casi trattati con questa strategia ha ottenuto una risposta alla terapia guidata dall’approccio sperimentale e più del 40% dei pazienti che hanno risposto a tale metodo ha potuto essere sottopostoa trapianto allogenico, il che significa soluzioni terapeutiche più efficaci e a lungo termine per questa malattia.
Ma c’è di più: lo studio dimostra che una piattaforma centralizzata e coordinata di questo tipo è in grado di offrire risposte concrete anche in contesti complessi, fornendo dati utili a guidare scelte terapeutiche personalizzate.
Ne abbiamo parlato con Luca Pagliaro, primo autore del lavoro.
La medicina di precisione e la risposta ai farmaci
La medicina di precisione rappresenta uno strumento potente nella cura delle malattie, specie in quelle oncologiche. Passare da un approccio generale verso uno maggiormente personalizzato, che tenga conto delle caratteristiche genetiche e molecolari del tumore ha implicazioni significative sull’efficacia dei trattamenti. Eppure, nonostante oggi siano disponibili una grande quantità di dati genomici, collegare queste informazioni all’efficacia reale dei farmaci resta ancora una sfida. “In passato si seguiva un approccio cosiddetto one size fits all: avevamo a disposizione pochi farmaci e cercavamo di usarli per trattare molte malattie diverse. Se trovo una certa mutazione nel tumore, uso il farmaco che la colpisce. Oggi però sappiamo che non è sempre così semplice”, spiega Pagliaro a GIMEMA Informazione.
In effetti, continua il ricercatore, studi clinici recenti di applicazione di piattaforme genomiche su larga scala hanno dimostrato che, nonostante tale approccio sia fattibile per applicare in tempi rapidi un approccio di medicina di precisione, la risposta al trattamento risulta comunque insoddisfacente. Questo è in parte dovuto al fatto che le mutazioni genetiche dei tumori non rispecchiano totalmente le vulnerabilità degli stessi. Alcuni tumori che non presentano una specifica mutazione possono comunque rispondere a farmaci pensati per colpirla. In alcuni casi, le cellule tumorali diventano dipendenti da certi meccanismi biologici che possono essere bloccati da farmaci mirati, anche se non c’è una mutazione visibile nel profilo genomico.
In altre parole, la risposta a un farmaco può dipendere non solo dalla presenza di una mutazione, ma anche da come funziona, nel suo insieme, il tumore; ecco perché negli ultimi anni si sono affermate tecniche come il drug response profiling, che studia direttamente la reazione del tumore ai farmaci, attraverso test di ampia scala in laboratorio. Ed è in questa cornice di medicina funzionale di precisione che si inserisce anche lo studio GIMEMA ALL2720.
“Volevamo capire meglio come i pazienti rispondono ai farmaci, soprattutto quelli già in terapia o che hanno avuto una ricaduta, in diverse malattie oncoematologiche. Ci siamo concentrati sulla leucemia linfoblastica acuta a cellule T, una patologia per la quale ci sono ancora poche terapie efficaci in caso di recidiva. Al momento, infatti, l’unico farmaco approvato per i pazienti che ricadono è la nelarabina, che purtroppo non mostra grandi risultati in termini di risposta al trattamento o di sopravvivenza libera da malattia. Negli ultimi anni, inoltre, è emerso che la sensibilità ai farmaci non dipende solo dal profilo genomico della malattia, ma ci sono anche altri fattori in gioco, e il nostro studio vuole approfondire proprio questi aspetti”.
Lo studio GIMEMA ALL2720 ha infatti l’obiettivo di valutare un approccio personalizzato per trattare forme complesse di T-ALL che combini l’analisi della risposta delle cellule tumorali a diversi farmaci con lo studio del profilo genomico della malattia. Il risultato è una piattaforma chemogenomica che possa guidare le scelte terapeutiche in modo mirato e su misura per ogni paziente con leucemia linfoblastica acuta a cellule T.
Lo studio GIMEMA all2720
In particolare, sono stati arruolati 32 pazienti affetti da T-ALL ed ETP-ALL (dall’inglese Early T-cell Precursor Acute Lymphoblastic Leukemia, un sottotipo di T-ALL, più resistente ai trattamenti). Le cellule leucemiche di ciascun paziente sono state esposte a una “libreria” composta da 77 farmaci, testati a diverse concentrazioni, per valutare la sensibilità o la resistenza a ciascun trattamento, mentre parallelamente sono state condotte analisi genomiche approfondite, che hanno indagato le principali alterazioni cromosomiche e il profilo mutazionale della neoplasia.
“L’integrazione di queste due tipologie di dati – farmacologici e genomici – ha permesso di costruire per ogni paziente un vero e proprio “profilo di risposta”, condiviso con i medici curanti, che erano liberi di decidere se seguire o meno le indicazioni proposte”.
I risultati dello studio
Su 32 pazienti arruolati, 29 hanno completato l’intero percorso di analisi. Tra questi, 15 hanno ricevuto una terapia personalizzata, basata proprio sul profilo di risposta ai farmaci. I risultati sono stati molto promettenti: 9 di questi 15 pazienti (il 60%) hanno raggiunto una risposta al trattamento. Si tratta di un alto tasso di remissione completa di malattia, un traguardo significativo considerando che tutti avevano già ricevuto almeno due linee di trattamento standard. Tra coloro che hanno risposto alla terapia, quasi la metà (4 su 9) ha potuto proseguire il percorso con un trapianto di cellule staminali da donatore, che rappresenta una possibilità di cura a lungo termine.
Oltre a guidare le scelte terapeutiche, lo studio ha anche permesso di individuare pattern comuni di risposta o resistenza a determinati farmaci, aprendo la strada allo sviluppo di nuove strategie mirate per sottogruppi specifici di pazienti.
Il progetto non si è affatto fermato: i ricercatori – racconta Pagliaro – stanno ancora raccogliendo dati da tutta Italia, grazie alla collaborazione con diversi centri clinici. “Finora abbiamo raccolto campioni di circa un centinaio di pazienti e stiamo già utilizzando questi dati per avviare terapie personalizzate, basate sull’analisi chemogenomica. Questo significa che, in alcuni casi, siamo riusciti a scegliere farmaci mirati proprio in base al profilo genetico e funzionale del paziente”. Infine, guardando l’immediato futuro, i ricercatori sono già al lavoro per estendere questo approccio anche ad altre malattie ematologiche, dalle leucemie acute ai linfomi. Ed è anche nei linfomi – ci spiega Pagliaro – dove le terapie disponibili sono numerose e ben consolidate, che l’uso di questo tipo di analisi potrebbe essere particolarmente utile in momenti chiave del percorso terapeutico, ad esempio per scegliere la cura migliore prima di un trapianto o dell’uso delle CAR-T. “L’idea è quella di rendere questo approccio il più flessibile e integrabile possibile nella pratica clinica, per offrire soluzioni personalizzate nei momenti decisivi del trattamento”.
È possibile leggere l’abstract dello studio a questo link: Pagliaro L et al., Advancing Chemogenomic Strategies for Functional Precision Medicine in Relapsed/Refractory T-ALL and ETP-ALL