Il lavoro dell’olandese Antonie van Leeweunhoek ha portato alla scoperta di un nuovo mondo: quello microscopico. Progettando e costruendo singole lenti biconvesse, nel XVII secolo ha ottimizzato il microscopio inventato già alla fine del secolo precedente. Ottenne così uno strumento idoneo a osservare corpuscoli animati che non era possibile vedere a occhio nudo, come i batteri e i globuli rossi.

Era il 1632 quando Antonie van Leeuwenhoek ha visto la luce a Delft, in Olanda. Il microscopio era stato inventato nel 1590 da alcuni produttori di lenti olandesi e migliorato in seguito da Galileo Galilei. All’epoca il potere di ingrandimento era di sole 15-20 volte e le immagini apparivano sfocate perciò non veniva utilizzato come uno strumento di ricerca, ma piuttosto considerato un divertissement scientifico. “Nel 1665, il botanico inglese Robert Hooke, primo segretario della Royal Society di Londra, ha coniato il termine ‘cellula’ riferendosi alle minuscole unità del sughero osservate con il suo microscopio. Le sue osservazioni erano però limitate dal potere di ingrandimento, di sole 30 volte, dello strumento che utilizzava e quindi fu difficile per lui studiare la struttura interna e l’organizzazione delle cellule”, spiega Domenico Ribatti, professore ordinario di Anatomia Umana all’Università degli Studi di Bari e autore dell’articolo “An historical note on the cell theory“, pubblicato sulla rivista Experimental Cell Research del gruppo Elsevier.

Sono state le migliorie apportate in seguito da van Leeuwenhoek che hanno permesso un’osservazione più profonda del mondo microscopico.

Antonie van Leeuwenhoek si occupava del commercio di stoffe, non era uno scienziato istruito, non aveva compiuto studi universitari specialistici e non era inserito nell’ambiente accademico. Si era avvicinato alla microscopia per puro interesse economico: desiderava osservare nei dettagli la trama dei tessuti in modo tale da scegliere i migliori sul mercato. L’abilità manuale e la smisurata curiosità, però, lo portarono ben presto a sviluppare il microscopio, rendendolo idoneo all’osservazione non solo delle stoffe ma anche di oggetti animati che non potevano essere visti a occhio nudo.

Una replica del microscopio di Antonie van Leeuwenhoek

Antonie van Leeuwenhoek ha creato un microscopio che doveva essere tenuto vicino all’occhio, formato da una sola lente biconvessa inserita tra due piatti di ottone. Il potere di magnificazione, ossia di ingrandimento, era di 300 volte, un valore di molto maggiore rispetto a quello dei microscopi in uso all’epoca. Questo elevato ingrandimento gli ha consentito di osservare diversi tipi di cellule, di tessuti biologici e di batteri” continua Ribatti.

In una lettera che inviò nel 1683 alla Royal Society di Londra per descrivere le sue scoperte, lo scienziato olandese aveva scritto: “C’erano molti minuscoli esseri viventi che si muovevano graziosamente”. Si riferiva alle microscopiche forme di vita costituite da singole cellule che ha individuato in diversi campioni di acqua di stagno e liquidi biologici, come la saliva, che oggi sappiamo essere i batteri ma che van Leeuwenhoek ha chiamato animalcules. Fu il primo a fare questa scoperta e per questo viene ricordato come “padre delle microbiologia”.

Ma quella dei batteri non fu l’unica prima volta del pioniere del microscopio: nel 1695 osservò e descrisse diverse cellule umane come gli spermatozoi e i globuli rossi.

 

L’illustrazione che van Leeuwenhoek fece dei globuli rossi è compatibile con quello che sappiamo oggi delle cellule che trasportano l’ossigeno nel sangue: hanno dimensioni di circa 7-8 micrometri, sono senza nucleo, appiattite e con la caratteristica forma biconcava.

“Quello che gli interessava, però, non era tanto lo studio della funzione delle cellule, dei tessuti biologici e dei batteri” – spiega Ribatti – “ma piuttosto quello di validare il microscopio ottico che aveva inventato. Per cui le sue scoperte in ambito biologico sono state praticamente ignorate per diversi decenni”.

Non esistono delle ragioni specifiche per le quali questo avvenne, non fu vittima dell’ostracismo accademico che colpì, per esempio, il dottor Ignaz Semmelweis, due secoli più tardi. Le numerose lettere nelle quali lo scienziato olandese descriveva le sue osservazioni sono state, infatti, regolarmente pubblicate dalla Royal Society di Londra ed egli vide ampiamente riconosciuto il valore delle sue scoperte negli ultimi anni della su vita.

Anche se van Leeuwenhoek non ha dato seguito alla scoperta dei globuli rossi, ha posto le basi per gli studi svolti a fine Settecento da William Hewson, “il padre dell’ematologia”, ovvero lo scienziato che per primo descrisse nei dettagli la struttura del globulo rosso umano nella sua interezza.

Grazie al suo microscopio ottimizzato, van Leeuwenhoek ha aperto la strada a molte delle scoperte fatte in ambito medico, anatomico e anche botanico, nei decenni e nei secoli successivi alla sua scomparsa nel 1723.

Tanto che ancora oggi, il microscopio ottico e le sue evoluzioni rappresentano strumenti fondamentali nella diagnostica medica e soprattutto in quella ematologica. L’ematologo, infatti, si avvale del microscopio ottico per eseguire lo striscio di sangue periferico, un esame di laboratorio che prevede l’osservazione di una goccia di sangue strisciata su un vetrino per valutare anomalie quantitative e qualitative delle cellule ematiche che possono sfuggire all’emocromo.