Lo stato socio-economico dei pazienti è associato a esiti peggiori di qualità della vita, anche in presenza di un sistema sanitario pubblico. I risultati dello studio GIMEMA-CLARITY sono stati presentati al congresso della European Hematology Association (EHA)
Purtroppo, anche un sistema sanitario universalistico non garantisce automaticamente pari condizioni di salute per tutti i cittadini. Lo conferma un’analisi dei dati raccolti dallo studio osservazionale GIMEMA-CLARITY, che è stata presentata al congresso EHA 2025: tra i pazienti affetti da mieloma multiplo recidivante o refrattario (Relapsed/Refractory Multiple Myeloma, RRMM), chi ha uno status socio-economico più basso mostra una qualità della vita sensibilmente peggiore.
Il tema delle disuguaglianze in ambito ematologico non è nuovo per i ricercatori GIMEMA. Per esempio, in un precedente lavoro pubblicato nel 2024, i ricercatori della Fondazione avevano analizzato l’impatto della tossicità finanziaria in un ampio campione di pazienti affetti da diverse malattie del sangue – tra cui leucemia mieloide cronica, sindromi mielodisplastiche e mieloma multiplo – mostrando che le difficoltà economiche associate alla malattia erano legate a una riduzione della qualità della vita.
La tossicità finanziaria si riferisce alle difficoltà economiche – dirette o indirette – che i pazienti incontrano a causa della malattia: costi di trasporto, perdita di reddito, farmaci non coperti, assistenza privata. Anche in contesti come l’Italia, con sanità pubblica, questo impatto è stato documentato.
I risultati che sono stati presentati al convegno, invece, oltre a concentrarsi su RRMM, indagano il rapporto tra lo status socio-economico dei pazienti e la qualità della vita. Francesco Sparano, ricercatore e data manager dell’Unità Qualità di Vita della Fondazione GIMEMA e primo autore di questo lavoro spiega:
“In questo lavoro ci siamo concentrati sullo stato socio-economico come determinante a sé stante. In letteratura è già stato stabilito che uno stato socio-economico più basso è associato a peggiore sopravvivenza e peggiore qualità di vita. Questo studio lo conferma, anche all’interno di un sistema sanitario universalistico”.
Un’analisi focalizzata
Per questo lavoro i ricercatori hanno analizzato i dati raccolti da CLARITY (Clinical and Patient-Reported Outcomes in Relapsed/Refractory Myeloma Therapy), studio osservazionale multicentrico promosso dalla Fondazione GIMEMA, volto a raccogliere dati clinici e di qualità della vita nei pazienti con mieloma multiplo recidivante o refrattario. Lo studio include sistematicamente i patient-reported outcomes (PROs) attraverso questionari validati, con l’obiettivo di comprendere meglio l’esperienza soggettiva dei pazienti durante la malattia e il trattamento.
I ricercatori hanno scelto di concentrarsi sui pazienti con mieloma multiplo recidivante o refrattario perché rappresentano una popolazione particolarmente esposta al rischio di disuguaglianze. “I pazienti con RRMM – spiega Sparano – ricevono tipicamente molte linee di trattamento nel corso della malattia, spesso per lunghi periodi. Questo comporta un maggiore carico terapeutico e logistico, che può amplificare le barriere all’accesso alle cure per chi ha meno risorse”.
In letteratura era già stato ipotizzato che le disuguaglianze socio-economiche potessero avere un impatto più marcato in pazienti con malattie ematologiche rispetto a quelli con tumori solidi, proprio perché i primi ricevono più linee di trattamento nel corso della malattia. I dati di CLARITY hanno permesso quindi di esplorare in modo mirato questa ipotesi.
L’analisi ha incluso 505 pazienti con RRMM arruolati in Italia e, in misura minore, nel Regno Unito. Il SES (status socio-economico) è stato calcolato a partire da tre indicatori: titolo di studio, condizione abitativa (vivere soli o con altri) e presenza o meno di reddito da lavoro o pensione. Questi sono stati integrati in un indice sintetico che ha permesso di suddividere i pazienti in tre gruppi: basso, medio e alto SES.
“Abbiamo preferito usare un indice composito – spiega Sparano – per cogliere l’interazione tra più aspetti. Non è un singolo fattore a determinare la condizione socio-economica, ma l’accumulo di elementi. È un approccio supportato anche da precedenti studi”
La qualità della vita è stata valutata tramite due strumenti standardizzati: il questionario generico EORTC QLQ-C30, comune in oncologia e utilizzato anche nello studio precedente, e il QLQ-MY20, specifico per pazienti con mieloma multiplo.
La differenza nei punteggi è stata significativa. I pazienti con mieloma multiplo recidivante con SES basso hanno riportato una peggiore qualità della vita su quasi tutte le scale analizzate, con maggiori sintomi come insonnia, dolore, stanchezza e una più marcata compromissione del benessere emotivo. “A livello sintomatologico, dolore e fatica sono già comuni nei pazienti con mieloma multiplo – osserva Sparano – ma tra quelli con un basso status socio-economico abbiamo riscontrato una prevalenza ancora più alta di sintomi clinicamente rilevanti. Questo dato solleva interrogativi interessanti: conosciamo alcune possibili spiegazioni dalla letteratura, ma sarà importante approfondire i meccanismi che rendono questi pazienti più vulnerabili anche dal punto di vista fisico”.
“È interessante notare che la maggior parte dei pazienti con stato socio-economico più basso erano donne” prosegue il ricercatore “Questo riflette una realtà che conosciamo bene, soprattutto in Italia: tassi di disoccupazione più alti tra le donne, maggiore solitudine nelle fasce di età avanzata, anche per via dell’aspettativa di vita. La relazione tra SES e indice di qualità della vita rimane valida per entrambi i sessi, ma la prevalenza femminile nel gruppo più svantaggiato rappresenta un campanello d’allarme utile da tenere presente”.
Limiti e prospettive
Nonostante il coinvolgimento anche del Regno Unito, i pazienti britannici rappresentavano una piccola minoranza (solo uno dei 31 centri arruolatori). “Per questo – chiarisce Sparano – non è stato possibile effettuare confronti significativi tra Italia e UK. Anche eventuali analisi per regione in Italia non sarebbero state indicative, perché non conosciamo la reale provenienza dei pazienti, ma solo il centro dove sono stati curati”.
L’autore evidenzia però che risultati simili sono stati riscontrati anche in studi europei su tumori solidi, in paesi come Danimarca e Olanda, suggerendo una tendenza comune nei sistemi sanitari pubblici.
Alla base di questi lavori, spiega Sparano, c’è l’ipotesi che status socio-economico, tossicità finanziaria e qualità della vita sono strettamente interconnessi. I pazienti più svantaggiati, oltre a partire da una condizione più fragile, sono anche quelli che logicamente hanno più probabilità di trovarsi in condizioni di tossicità finanziaria a causa delle spese legate alla terapia stesse. Queste, a loro volta peggiorano ulteriormente l’esperienza clinica e il benessere generale.
“In questo abstract ci siamo concentrati sul primo livello di analisi – il rapporto tra stato socio-economico e qualità della vita – ma il nostro obiettivo è quello di esplorare in modo più ampio e strutturato l’interazione tra questi tre fattori”, anticipa Sparano.
Come tradurre queste evidenze in interventi concreti?
“È una domanda complessa”, ammette Sparano. “Come ricercatori, è fondamentale produrre dati, aprire un dibattito: includere la dimensione sociale negli studi clinici è già un passo importante. Il passo successivo deve avvenire a livello politico. Nella pratica, si possono ipotizzare interventi più specifici, che permettano di identificare prima le persone più vulnerabili e di mettere in atto iniziative che non solo le aiutino a essere intercettate, ma anche a rimuovere concretamente le barriere che incontrano quando cercano di accedere alle cure”.
È possibile leggere l’abstract della comunicazione orale a questo link: Sparano F et al., Association Between Socio-economic Inequalities And Health-related Quality Of Life Of Patients With Relapsed/refractory Multiple Myeloma: Analysis From The Gimema-clarity Study