Per quanto il monitoraggio della malattia minima residua (o malattia residua misurabile, MRD) sia largamente utilizzato in numerosi percorsi terapici e post-terapici, esistono prove limitate della sua utilità clinica in pazienti con leucemia mieloide acuta (LMA) trattati con terapia a bassa intensità. Uno studio, pubblicato sul Journal of Clinical Oncology, aggiunge nuove prove sull’utilità di questo strumento.

Prima di entrare nello specifico, però, dobbiamo capire in cosa consiste la MRD e quali terapie sono state utilizzate fino ad oggi per combattere la leucemia mieloide acuta.

Con il termine malattia minima residua si intende l’insieme di cellule cancerose che rimangono nell’organismo durante o dopo il trattamento oncologico. Queste cellule si possono individuare con alcune tecniche di laboratorio specializzate in grado di individuarne anche la più piccola traccia.

Questi esami vengono spesso eseguiti più volte durante la terapia e nel periodo seguente il trattamento nei pazienti con mieloma multiplo, leucemia linfoblastica acuta e leucemia mieloide acuta, per monitorare l’andamento della malattia e a la sua eventuale remissione. Ad oggi la malattia minima minima residua ha dimostrato la sua efficacia in molti trattamenti – come testimonia un recente studio pubblicato su Blood – ma rimane ancora incerta la sua utilità nelle terapie a bassa intensità per trattare la leucemia mieloide acuta.

La leucemia mieloide acuta è caratterizzata da una cellula staminale emopoietica che prolifera in maniera incontrollata. Queste cellule immature iniziano a sostituire gradualmente il midollo sano del paziente inibendo le normali funzioni di questo tessuto. Le terapie classiche per il suo trattamento comprendono una chemioterapia di induzione per ottenere la remissione e una chemioterapia post-remissione (con o senza trapianto di cellule staminali) per evitare le recidive.

Per alcuni pazienti che non sopportano bene la chemioterapia è possibile procedere con una chemioterapia a bassa intensità, spesso accompagnata da un trapianto di midollo detto non-mieloablativo (o mini-trapianto), dove si sfrutta la capacità delle nuove cellule trapiantate di innescare reazioni immunitarie contro le cellule tumorali. Alcune terapie a bassa intensità sperimentate recentemente stanno utilizzando venetoclax e azacitidina.

Il farmaco venetoclax, è un BH-3 mimetico, una piccola molecola che induce le cellule tumorali a innescare l’apoptosi, ovvero la morte programmata della cellula. Azacitidina, invece, è un farmaco analogo che blocca la crescita di cellule tumorali impedendone la sintesi di DNA e RNA, molecole fondamentali per la loro crescita e sopravvivenza. I ricercatori dell’Abramson Cancer Center dell’Università della Pennsylvania, in collaborazione con numerosi altri centri di ricerca anche italiani, hanno cercato di trovare una risposta alla domanda:

è possibile utilizzare la MRD per monitorare l’andamento delle terapie a bassa intensità con venetoclax e azacitidina?

I pazienti inclusi in questo studio sono stati trattati con venetoclax e azacitidina e sono stati prelevati dei campioni di midollo osseo per valutare la MRD alla fine del primo ciclo di terapia e, successivamente, ogni tre cicli. I parametri valutati sono stati: la durata della remissione (Dor) – vale dire il periodo di tempo senza manifestazioni della malattia; la sopravvivenza senza eventi – intesi come complicazioni della malattia (in sigla EFS); e la sopravvivenza complessiva (OS). I risultati sono stati estremamente promettenti.

La terapia con venetoclax e azacitidina ha ottenuto tassi di remissione e sopravvivenza complessiva superiori rispetto ai pazienti non trattati. I risultati di questa analisi esplorativa hanno dimostrato come la MRD sia un ottimo predittore anche in questo tipo di terapie poiché sembra essere legata in maniera affidabile ai principali parametri di valutazione dell’andamento della malattia: Dor, EFS e OS.

Questo dimostra due importanti punti:

    1. la combinazione a bassa intensità di venetoclax e azacitidina può essere un’ottima terapia per i pazienti che non possono accedere alle terapie ad alta intensità.
    2. È possibile utilizzare la MRD come strumento con una buona predittività nelle terapie a bassa intensità con venetoclax e azacitidina per trattare la leucemia mieloide acuta.