Secondo il più ampio studio prospettico sul linfoma primitivo a cellule B del mediastino, è possibile evitare la radioterapia, e i rischi che comporta, quando con la chemio-immunoterapia si raggiunge una risposta metabolica completa (PET negativa). I risultati sono stati presentati durante l’estate a tre congressi internazionali.
Il linfoma primitivo a cellule B del mediastino (la regione tra i polmoni) è un tumore del sangue raro e aggressivo, che colpisce soprattutto le donne con età media di 35-40 anni. La prognosi è in genere buona, con una sopravvivenza di oltre l’80% a 5 anni dal termine del trattamento. Con la chemioimmunoterapia, in particolare, è possibile anche ottenere rapidamente la remissione del tumore. Per consolidare il risultato ottenuto, le attuali linee guida raccomandano sempre la radioterapia nella sede coinvolta dal tumore, ma questo comporta il rischio di sviluppare ulteriori neoplasie maligne o malattie valvolari e coronariche.
“Questa malattia colpisce molte donne giovani, e sarebbe auspicabile non ricorrere sempre alla radioterapia. L’unico modo per capire se c’era questa possibilità era realizzare un trial clinico randomizzato di fase 3”, spiega Maurizio Martelli, ematologo e principale sperimentatore per l’Italia del trial IELSG37.
Il trial iniziato nel 2012, come studio di non inferiorità, è stato condotto dall’International Extranodal Lymphoma Study Group. L’obiettivo era verificare se la radioterapia poteva essere omessa nei casi in cui con la chemio-immunoterapia, somministrata in precedenza, si otteneva una risposta metabolica completa all’esame della PET/CT. Il lavoro, spiega Martelli, ha coinvolto 74 centri in 13 paesi, e l’Italia ha arruolato il 75% dei pazienti totali. I risultati ottenuti supportano l’ipotesi di partenza e sono stati presentati durante l’estate al congresso dell’American Society of Clinical Oncology di Chicago, al meeting della European Hematological Association di Francoforte e all’International Conference on Malignant Lymphoma di Lugano.
Per il trial IELSG37 i ricercatori hanno reclutato 545 pazienti (209 uomini, 336 donne). Di questi, 530 hanno completato la chemio-immunoterapia (a base di rituximab e antracicline). Il 50,8 % ha ottenuto la risposta metabolica completa all’esame PET/CT (score da 1 a 3 della scala di Deauville). Questi pazienti sono stati randomizzati in due bracci: 136 hanno proseguito con la radioterapia di consolidamento e 132, invece, hanno interrotto ogni trattamento e sono rimasti in osservazione. La randomizzazione è stata stratificata per sesso, tipo di chemioterapia, paese e score della PET.
Nel corso del trial il tasso delle ricadute in entrambi i bracci è risultato molto inferiore rispetto a quello che i ricercatori prevedevano di osservare.
Nonostante questo, il Comitato indipendente di monitoraggio sui dati e sulla sicurezza ha consigliato di portare avanti lo studio senza ampliarne il campione e la durata, in quanto ritenuto sufficiente a dare un risultato.
“Lo studio ha dimostrato che la radioterapia non è più necessaria quando la PET/CT dimostra la remissione dopo la chemio-immunoterapia secondo i punteggi Deauville da noi indicati”, spiega Martelli.
“A un follow up mediano di 30 mesi, non sono state rilevate differenze statisticamente significative nella sopravvivenza libera da progressione di malattia a 5 anni nei due bracci: 98.5% per il gruppo che ha ricevuto anche la radioterapia, 96,2% per il gruppo che ha ricevuto la sola chemio-immunoterapia. La sopravvivenza globale è stata del 99% per entrambi i bracci”.
I ricercatori stanno ora lavorando alla pubblicazione dei risultati su una rivista scientifica internazionale mentre il trial continua con l’osservazione dei pazienti al fine di rilevare eventuali tossicità tardive in entrambi i bracci di randomizzazione. Secondo Martelli lo studio, unico nel suo genere, permetterà di adeguare le attuali indicazioni terapeutiche relative al linfoma primitivo a cellule B del mediastino.