Il trattamento con anticorpi monoclonali garantisce una riduzione significativa del tempo necessario alla negativizzazione nei pazienti ematologici con infezione COVID-19. Questa l’importante novità esposta da Vincenzo Marasco, medico della Fondazione IRCCS Istituto nazionale tumori di Milano, durante il ventisettesimo congresso dell’Associazione europea di ematologia (EHA) che si è tenuto recentemente a Vienna.

Lo scopo del congresso è di condividere le conoscenze e discutere gli ultimi progressi nel campo dell’ematologia. Quest’anno è stato di particolare importanza, non solo perché è stato il primo congresso con una partecipazione parziale in presenza dopo i mesi di lockdown della pandemia, ma anche perché è stata un’occasione per festeggiare il trentesimo anniversario della EHA. L’EHA è la più grande organizzazione europea che connette gli ematologi di tutto il mondo per sostenere lo sviluppo della ricerca ematologica, coordinare gli aggiornamenti sulle conoscenze sull’ematologia e sostenere gli ematologi. GIMEMA Informazione ha intervistato Vincenzo Marasco per sapere di più riguardo uno studio che porta novità positive per i pazienti ematologici affetti da COVID-19.

Da dove nasce lo studio?

“Lo studio nasce da un’idea del professor Corradini dell’Istituto nazionale tumori di Milano condivisa con vari ricercatori GIMEMA, come il presidente Marco Vignetti, Paola Fazi, Enrico Crea e Alfonso Piciocchi, e con altri professori tra cui Mario Luppi e Francesco Passamonti. Tutto nasce dalla consapevolezza che la prevenzione con i vaccini per i pazienti ematologici non sempre risulta efficace come nella popolazione generale. Questo perché spesso essi presentano un quadro di immunodepressione dovuto alla malattia e/o ai trattamenti prescritti. La consapevolezza che la prevenzione con i vaccini spesso non è sufficiente e il dato che la mortalità infettiva nei pazienti ematologici rimane ancora elevata rende fondamentale il bisogno di identificare un trattamento efficace per l‘infezione. Infatti, lo standard di trattamento in questi casi, non è stato ancora definito in maniera chiara perché non ci sono studi che confrontano i vari tipi di farmaci”.

Qual è il panorama delle terapie presenti oggi?

“Nel contesto dell’infezione ci sono una serie di terapie che non sono mai state confrontate tra di loro che vanno dagli anticorpi monoclonali ai farmaci antivirali come il remdesivir o il paxlovid. L’utilizzo degli anticorpi monoclonali è supportato da un razionale biologico molto forte.

L’immunodepressione dei nostri pazienti determina l’assenza di una valida risposta anticorpale all’infezione, per cui la somministrazione di anticorpi monoclonali dall’esterno dovrebbe sopperire a questa mancanza. Tuttavia, l’efficacia di questi trattamenti non è mai stata valutata nel contesto dei pazienti ematologici.

Da qui l’idea: verificare con uno studio retrospettivo quale fosse l’efficacia degli anticorpi monoclonali neutralizzanti appena entrati in commercio per pazienti ematologici paucisintomatici, ovvero che presentano pochi sintomi dell’infezione COVID-19. Volevamo valutare due cose: l’efficacia dei farmaci e la loro sicurezza per il paziente”.

Quanti centri sono stati coinvolti?

“È stato uno studio multicentrico aperto a tutti i siti che fanno parte della Società italiana di ematologia (SIE) e della rete GIMEMA. Sono stati attivamente aperti 13 centri e tra i quali ci sono l’Ospedale di Varese, l’Istituto nazionale tumori di Milano, l’Ospedale Gemelli di Roma e l’Ospedale di Udine. Lo studio era retrospettivo osservazionale in cui abbiamo raccolto dati di pazienti trattati con i diversi tipi di anticorpi monoclonali approvati dall’AIFA. In particolar modo, abbiamo valutato il tempo di negativizzazione del tampone molecolare e il rischio che il paziente venisse ospedalizzato. Abbiamo completato l’arruolamento con dati raccolti da 91 pazienti e i risultati sono stati presentati al congresso dell’EHA. Lo studio è da considerarsi di per sé concluso, siamo in fase di sottomissione dell’articolo che presenterà i dati per esteso”.

Quali sono stati i risultati e quali sono le prospettive per il futuro di questa ricerca?

“I risultati sono positivi. Abbiamo confermato il nostro obiettivo primario, ovvero dimostrare effettivamente una riduzione significativa nel tempo necessario alla negativizzazione rispetto al gruppo di controllo storico di pazienti ematologici che non hanno ricevuto il trattamento con gli anticorpi monoclonali.

La prospettiva futura è di valutare se ci possa essere un ruolo in profilassi per gli anticorpi monoclonali nell’ambito dei pazienti ematologici che hanno fallito nell’ottenere una risposta anticorpale dopo il vaccino. Un’altra possibile strada potrebbe essere valutare se ci sono delle ulteriori terapie che possono essere più efficaci nel trattamento di COVID-19”.