La rimborsabilità da parte del Sistema Sanitario Nazionale (SSN) del farmaco venetoclax in combinazione con l’agente ipometilante azacitidina è stata di recente approvata dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in seguito alle evidenze, sempre più numerose, del miglioramento della sopravvivenza dei pazienti affetti da leucemia mieloide acuta (AML) non idonei alla chemioterapia intensiva. I dati forniti dallo studio italiano AVALON, pubblicati sulla rivista Cancer, hanno contribuito alla decisione di AIFA.

Lo studio AVALON è stato promosso dall’IRCCS, Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori (IRST) Dino Amadori di Meldola (Forlì-Cesena) e l’IRCCS, Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano e ha coinvolto 32 centri ematologici distribuiti su tutto il territorio italiano.

“Si tratta di uno studio osservazionale che ha analizzato l’efficacia e la sicurezza del regime terapeutico venetoclax e farmaci ipometilanti in “real-life” ovvero nei pazienti ai quali è stato somministrato al di fuori dello studio, nella normale pratica clinica”, spiega Elisabetta Todisco, ricercatrice ed ematologa presso IEO e responsabile della Ematologia dell’ASST Valle Olona.

La leucemia mieloide acuta (AML) è un tumore ematologico aggressivo che evolve rapidamente e colpisce per la maggior parte persone in età avanzata. Per queste caratteristiche ha una prognosi infausta soprattutto per i pazienti non idonei (definiti “unfit”) a ricevere un trattamento intensivo con farmaci chemioterapici e che hanno avuto una recidiva (REL) o sono refrattari alla terapia standard (REF). In questi casi sono utilizzati regimi terapeutici innovativi come quello studiato da AVALON.

Il venetoclax è un farmaco antitumorale che inibisce la proteina Bcl-2 prodotta in elevate quantità dalle cellule leucemiche e che consente loro di sopravvivere più a lungo e di resistere alle terapie standard. Con la sua azione, il venetoclax determina dunque la morte delle cellule tumorali e rallenta la progressione della malattia. Se somministrato in combinazione, agisce sinergicamente con gli agenti ipometilanti.
I farmaci ipometilanti riducono la metilazione, uno dei meccanismi epigenetici che regolano l’espressione dei geni e quindi la loro attività. Nelle cellule tumorali la metilazione può essere alterata e talvolta maggiore rispetto a quella delle cellule sane e di conseguenza anche l’espressione dei geni interessati risulta alterata. In questo contesto, si inserisce l’attività degli agenti ipometilanti, che ripristinano il livello normale di espressione genica.

Lo studio “AVALON ha coinvolto 190 pazienti affetti da leucemia mieloide acuta che hanno ricevuto un trattamento con venetoclax in combinazione all’agente ipometilante tra il 2015 e il 2020. I risultati, in termini di efficacia nell’aumentare la sopravvivenza, sono leggermente inferiori rispetto a quelli riportati nello studio originale VIALE-A che utilizzava la stessa associazione di farmaci, ma sono da considerarsi comunque eccellenti dal momento che AVALON ha incluso pazienti con caratteristiche biologiche e di malattia che non avrebbero potuto partecipare ai trial clinici”, continua Todisco.

Nei pazienti unfit, con nuova diagnosi di AML, la risposta completa (CR) è stata ottenuta nel 53,9% dei casi rispetto al 66,4% osservato nello studio VIALE-A, e la sopravvivenza complessiva media è stata di 12,7 mesi rispetto ai 14,7 mesi di VIALE-A. Per quanto riguarda i pazienti con malattia in recidiva o refrattari, i risultati sono stati simili a quelli osservati nei pazienti di nuova diagnosi ma con una età media di 10 anni inferiore rispetto al gruppo unfit.

“Grazie all’approvazione della rimborsabilità da parte del Sistema Sanitario Nazionale, questa combinazione terapeutica sarà sempre più utilizzata per trattare i pazienti con AML che non possono beneficiare della terapia standard. In questo contesto, AVALON ha permesso di migliorare la comprensione dell’efficacia e della tossicità di questo protocollo terapeutico nella pratica clinica quotidiana offrendo ulteriori dati a supporto delle evidenze precedentemente ottenute negli studi clinici”, conclude Todisco.