Analizzato l’effetto della combinazione che prevede venetoclax (VEN) e agenti ipometilanti nel trattamento di pazienti con leucemia mieloide acuta non idonei alla chemioterapia. I risultati dello studio prospettico e osservazionale condotto dal GIMEMA (AML2320) sono stati recentemente presentati al 65° congresso della Società Americana di Ematologia (ASH – American Society of Hematology).

La chemioterapia intensiva è la terapia di prima scelta per il trattamento della leucemia mieloide acuta (AML), tumore del sangue che nasce nel midollo osseo a seguito di alterazioni genetiche che modificano il processo di maturazione delle cellule ematiche. Alcuni pazienti con nuova diagnosi non sono idonei, per età o concomitanti patologie, a tollerare questo trattamento. Per tali pazienti – in particolare se di età pari o superiore a 75 anni – gli enti regolatori per i farmaci statunitense (FDAFederal and Drug Administration) e europeo (EMAEuropean Medicines Agency), hanno approvato il trattamento con venetoclax (VEN) in combinazione con agenti ipometilanti.

Venetoclax è un inibitore della proteina BCL-2 che protegge le cellule dall’apoptosi, ossia dalla morte cellulare. Il farmaco agisce legandosi alla proteina e bloccandone l’azione, provando così la morte delle cellule tumorali.

In uno studio prospettico e osservazionale condotto dal GIMEMA (AML2320), i cui risultati sono stati recentemente presentati al 65° congresso della Società Americana di Ematologia (ASH – American Society of Hematology), è stato analizzato l’effetto di questa combinazione in un contesto di pratica clinica quotidiana. Per lo studio sono stati reclutati 188 pazienti, con età media di 74 anni (di cui quasi la metà di età pari o superiore a 75 anni), non idonei al trattamento con chemioterapia intensiva. Il 75% dei partecipanti ha ricevuto la combinazione VEN+Azacitidina, mentre il 25% quella VEN+Decitabina.

“Questo studio ha coinvolto più di 30 centri ematologici distribuiti sul territorio nazionale – spiega il Adriano Venditti, direttore dell’Ematologia del Policlinico Tor Vergata e primo nome della ricerca – e rappresenta una delle più ampie coorti di pazienti affetti da AML, osservati in un contesto reale, trattati con venetoclax in combinazione con agenti ipometilanti”.

I risultati osservati sono incoraggianti: la sopravvivenza globale (OS) mediana è simile a quella osservata nello studio di fase III che ha portato all’approvazione del trattamento, così come il follow-up mediano e la sopravvivenza libera da malattia. A un’analisi più approfondita, la OS mediana per le categorie di rischio favorevole, intermedio e avverso è stata rispettivamente di 24,5 mesi, 15,4 mesi, e 8,9 mesi.

“Questa analisi – conclude Venditti – conferma che la combinazione è un trattamento efficace per una popolazione di pazienti non idonei alla chemioterapia intensiva e, di conseguenza, molto difficile da trattare. Al contempo emerge la necessità di implementare, mediante attività di formazione e sensibilizzazione, la conoscenza del farmaco venetoclax da parte degli ematologi italiani: ad oggi, infatti, una percentuale consistente di questi gestisce la tempistica di valutazione della risposta a questa combinazione nello stesso modo in cui si effettuava con i soli agenti ipometilanti. Valutare tempestivamente la risposta, invece, aiuta a modulare il trattamento in modo da ridurre il più possibile il rischio di eventi avversi della somministrazione di questo regime combinato, che è più tossico rispetto a quello a base di soli agenti ipometilanti”.