Un lavoro pubblicato sulla rivista Blood Reviews ha valutato le risposte di pazienti affetti da disordini ematologici alla vaccinazione per COVID-19 – primaria e boosters – e nei confronti delle vaccinazioni contro alcuni principali agenti infettivi.

Nell’era della medicina personalizzata, acquista un ruolo chiave anche la personalizzazione delle vaccinazioni in base ai deficit immunitari di cui i pazienti sono affetti, siano essi causati dalla patologia o secondari alle terapie. I ricercatori della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e del Dipartimento di Oncologia ed Ematologia dell’Università di Milano hanno documentato diversi tassi di risposta immunitaria a seconda dei diversi farmaci e delle caratteristiche della malattia.

 

Gli anticorpi monoclonali

Nei pazienti trattati con anticorpi monoclonali anti-CD20, il tempo trascorso tra l’ultima somministrazione del trattamento e la vaccinazione ha influenzato significativamente la risposta al vaccino, suggerendo che, prima di effettuare vaccinazioni o richiami, sia auspicabile un tempo di almeno 6 mesi dall’ultima somministrazione dell’anticorpo.

I pazienti trattati con obinutuzumab (anti-CD20) e, in associazione con l’antitumorale bendamustina, hanno mostrato una risposta minore o assente. Una ridotta conta di linfociti e anticorpi nel sangue prima della vaccinazione, sono risultati predittivi di una risposta ridotta.

Il sistema immunitario riconosce ed elimina i patogeni sia grazie agli anticorpi, che sono glicoproteine prodotte dai linfociti B, sia attraverso cellule immunitarie propriamente dette. In questi pazienti proprio quest’ultima attività, la risposta cellulo-mediata, è risultata conservata, indipendentemente dal momento in cui è stata effettuata la vaccinazione.

Nei pazienti affetti da mieloma multiplo è stata osservata una ridotta sieroconversione nei pazienti trattati con anticorpi monoclonali anti-CD38 e anti-BCMA

 

Inibitori delle tirosin-chinasi e altri agenti 

I trattamenti con inibitori della tirosin-chinasi di Bruton (BTKI) hanno determinato un impatto significativamente negativo sulla risposta alle vaccinazioni e benché l’immunità cellulo-mediata è risultata meno compromessa di quella anticorpale, i BTKI ha comunque mostrato effetti anche sulle cellule T. Tuttavia, non risulta consigliabile interrompere tale terapia per effettuare la vaccinazione. È invece utile effettuare dosi booster del vaccino per migliorare la risposta immunitaria a questi pazienti.

Nei pazienti in trattamento con gli inibitori di JAK2 e gli inibitori BCL-2 e gli agenti ipometilanti, la riduzione della risposta alle vaccinazioni è meno drastica.

Nei pazienti affetti da mieloma multiplo trattati con inibitori del proteasoma e agenti immunomodulatori, l’efficacia dei vaccini è conservata, mentre è stata osservata una ridotta sieroconversione nei pazienti trattati con anticorpi monoclonali anti-CD38 e anti-BCMA. Lo stato della malattia (remissione parziale o completa) al momento della vaccinazione si è dimostrato predittivo della sieroconversione.

Nei pazienti trattati con inibitori del complemento o per anemia aplastica, la risposta alle vaccinazioni non è risultata ridotta. Tuttavia in questi casi si può avere una riattivazione della emolisi (processo di distruzione dei globuli rossi) a seguito dello stimolo determinato dalla vaccinazione e, per questo, meritevole di considerazione al momento della vaccinazione.

 

Terapie con CAR-T

I pazienti trattati con CAR-T anti-CD19 e anti-CD38 hanno mostrato percentuali di sieroconversione molto scarse in relazione alle vaccinazioni, ma hanno sviluppato una alta risposta cellulo-mediata, suggerendo l’utilità di effettuare comunque la vaccinazione.

 

L’articolo scientifico originale, in lingua inglese, è disponibile a questo link:
https://doi.org/10.1016/j.blre.2023.101077