Ponatinib somministrato in combinazione con i corticosteroidi è un’opzione terapeutica di prima linea promettente per pazienti anziani o fragili che hanno ricevuto una recente diagnosi di leucemia linfoblastica acuta con cromosoma Philadelphia e non eleggibili al trapianto allogenico di cellule staminali. È quanto suggeriscono i risultati dello studio clinico di fase 2, inizialmente denominato GIMEMA LAL 1811 (ora della casa farmaceutica INCYTE), recentemente pubblicati sulla rivista Blood Advances.

La leucemia linfoblastica acuta (LLA) è un tumore che si presenta con una frequenza maggiore nel bambino e nell’adolescente, e una frequenza minore negli adulti. Negli adulti, però, è più diffusa un’alterazione nella morfologia dei cromosomi, identificata come cromosoma Philadelphia (Ph+) che determina una minore risposta ai farmaci antitumorali e, di conseguenza, una prognosi peggiore.

Il trattamento standard della leucemia linfoblastica acuta è la chemioterapia. Per i pazienti che non rispondono alla terapia chemioterapica di prima linea, o che vanno incontro a recidiva, il trattamento preferenziale è il trapianto allogenico di cellule staminali, molto efficace ma a elevata tossicità. I pazienti anziani o in condizioni generali compromesse vengono spesso esclusi da questa opzione terapeutica ma possono beneficiare della somministrazione di un’altra classe di farmaci, gli inibitori della tirosin-chinasi (TKI), piccole molecole che si legano alle tirosin-chinasi, proteine specializzate nel controllo della crescita cellulare. I TKI inibiscono le tirosin-chinasi bloccando così la crescita delle cellule tumorali. Di questi farmaci fa parte ponatinib.

Lo studio GIMEMA LAL 1811 di fase 2, ha valutato l’efficacia della combinazione di ponatinib con prednisone, come trattamento di prima scelta in pazienti con recente diagnosi di leucemia linfoblastica acuta con cromosoma Philadelphia positiva (LLA Ph⁺) non elegibili al trapianto allogenico di cellule staminali a causa dell’età avanzata o delle compromesse condizioni generali.

Ponatinib è un TKI di terza generazione, efficace contro le più conosciute mutazioni del gene BCR-ABL1 del cromosoma Philadelphia ed è, finora, l’unico attivo anche sulla mutazione T315I resistente alla maggior parte degli inibitori delle tirosin-chinasi.

Lo studio comprende 44 pazienti. Il protocollo terapeutico prevedeva una prima fase con la somministrazione di ponatinib per via orale per 48 settimane e prednisone per 33 giorni. Con cadenza mensile, poi, chemioterapia somministrata per via intratecale – tra due vertebre della parte bassa della colonna vertebrale – per prevenire la diffusione della malattia alle meningi. Una volta completata la fase primaria, ai pazienti idonei è stata offerta un’ulteriore somministrazione di ponatinib allo scopo di verificare se un trattamento prolungato potesse comportare un ulteriore beneficio.

Il 61% dei pazienti ha completato la fase principale dello studio, il 25% è arrivato a completare la fase estensiva e il 16% ha continuato il trattamento oltre la fase estensiva, con una risposta molecolare completa prolungata. Durante la terapia con ponatinib, cinque pazienti sono stati rivalutati idonei a ricevere il trapianto di cellule staminali. Il 27% dei pazienti che ha abbandonato lo studio, lo ha fatto per la comparsa di eventi avversi, anche gravi, in particolare di tipo cardiovascolare. Inoltre, a causa degli effetti collaterali, il 43% dei pazienti hanno necessitato di una riduzione della dose del farmaco.

Questi risultati suggeriscono che, per i pazienti anziani o fragili affetti da leucemia linfoblastica acuta Ph⁺ che non possono accedere a terapie più aggressive, il trattamento che combina ponatinib con prednisone è un’opzione promettente per ottenere una remissione molecolare più duratura e un minor sviluppo di resistenze al farmaco. È, però, da considerare negli studi futuri la somministrazione di dosi minori per minimizzare la tossicità, in particolare in pazienti con fattori di rischio cardiovascolare.